Kazakistan, è stato di emergenza: scontri e spari contro i manifestanti - Live Sicilia

Kazakistan, è stato di emergenza: scontri e spari contro i manifestanti

Otto agenti delle forze di sicurezza sono rimasti uccisi
LA PROTESTA
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Stato di emergenza in Kazakistan, che si infiamma con le proteste per l’annuncio dell’aumento dei prezzi del gas. Immagini dei media locali e social mostrano negozi saccheggiati ed edifici amministrativi presi d’assalto e dati alle fiamme.

La polizia fa sapere di aver sparato e ucciso decine manifestanti in una “operazione antiterrorismo”. Secondo il ministero dell’Interno kazako, almeno 8 membri delle forze dell’ordine uccisi negli scontri e altri 137 feriti. Numerosi i feriti negli scontri. Mosca manda una “forza di pace” di stabilizzazione.

Né la minaccia di una reazione “dura”, né le promesse di ribassare i prezzi dei beni di prima necessità hanno convinto i dimostranti scesi in piazza da giorni in Kazakhstan a mettere fine alle loro proteste senza precedenti. Otto agenti delle forze di sicurezza sono rimasti uccisi e 317 feriti nelle violenze in Kazakhstan, secondo quanto riferiscono media locali citando il ministero dell’Interno kazako.

La crisi mette in discussione la stabilità di questa ex Repubblica sovietica ricca di idrocarburi e retta da un regime autoritario che nei tre decenni seguiti alla fine dell’Urss ha attirato enormi investimenti nel settore energetico dalle principali compagnie petrolifere mondiali. Le proteste, innescate dal raddoppio del prezzo del Gpl in seguito alla cancellazione dei limiti imposti dal governo, sono dirette ormai contro l’intero establishment di un sistema fondato e guidato per tre decenni dall’ex presidente Nursultan Nazarbayev, dimessosi nel 2019 per passare la mano a Tokayev. Una sua statua, riferisce l’agenzia russa Tass, è stata abbattuta nella città di Taldykorgan, nel sud-est del Paese. Tokayev si è visto costretto a proclamare lo stato d’emergenza su tutto il territorio nazionale, dopo che la misura era stata decisa ieri ad Almaty e nel Mangistau, principale provincia petrolifera affacciata sul Mar Caspio, nell’ovest del Paese. Proprio da qui erano partite domenica le prime proteste, che si sono poi estese a macchia d’olio. In primo momento il presidente ha cercato di calmare la piazza sciogliendo il governo guidato dal premier Askar Mamin e dando ordine di ripristinare i limiti non soltanto al prezzo del Gpl, ma anche sulla benzina, il diesel e altri generi “socialmente importanti”.

Ma né questo né i lacrimogeni e le bombe assordanti impiegate dai reparti della polizia anti-sommossa sono riusciti a fermare le migliaia di manifestanti. Tanto che a tarda sera, in un drammatico discorso televisivo alla nazione, Tokayev è arrivato a chiedere l’intervento militare di Mosca e degli altri Paesi membri del Csto, l’Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva di cui fanno parte diverse Repubbliche ex sovietiche. Il Paese, ha affermato il presidente, è sotto attacco da parte di gruppi terroristici addestrati all’estero. Alcuni “terroristi”, ha aggiunto, sono penetrati anche nell’aeroporto di Almaty impossessandosi di cinque aerei, di cui uno straniero. Tokayev ha assunto anche i poteri di capo del Consiglio di sicurezza nazionale, carica che dopo le dimissioni di tre anni fa era stata mantenuta dall’ottantunenne Nazarbayev. Affermando che tra i manifestanti vi sono “banditi” che hanno attacco le forze di sicurezza uccidendo alcuni agenti, il presidente ha avvertito che è pronto ad “agire nella maniera più ferma possibile”. Otto agenti delle forze di sicurezza sono rimasti uccisi e 317 feriti nelle violenze in Kazakhstan, secondo quanto riferiscono media locali citando il ministero dell’Interno kazako.


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