La comunità di Sant'Egidio| In marcia per la pace - Live Sicilia

La comunità di Sant’Egidio| In marcia per la pace

Emiliano Abramo, portavoce siciliano della comunità di Sant'Egidio: "L'obiettivo della pace - ha detto -  è possibile, non possiamo quindi cedere al pessimismo o alla disperazione".

CATANIA – “Oggi, a cento anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale, vogliamo rimetterci in cammino in favore della pace”. Queste le parole di Emiliano Abramo, portavoce in Sicilia della comunità di Sant’Egidio, pronunciate ieri in occasione dell’annuale “Marcia per la pace”. “Da tutte le piazze del mondo – ha continuato – si sta sollevando un unico grande appello contro i conflitti bellici. L’obiettivo della pace è possibile, non possiamo quindi cedere al pessimismo o alla disperazione. Dal canto nostro – sottolinea Abramo – ci impegniamo a raggiungerlo”.


Elvis, cittadino ghanese e ospite del Cara di Mineo

Il corteo è partito dalla piazza Stesicoro. I manifestanti avevano tutti una fiaccola in mano. Ma a svettare erano i diciassette cartelli che riportavano altrettanti nomi di paesi attualmente in guerra o lacerati dalle violenze. Fra questi la Siria, l’Irak, la Terra Santa, ma anche la Nigeria, nazione teatro di una lunga scia di stragi ai danni, soprattutto, della comunità cristiana. La marcia si è snodata, poi, lungo la via Etnea. In apertura della manifestazione, è stato Elvis, cittadino ghanese di ventuno anni e ospite oggi del CARA di Mineo, a offrire la propria testimonianza. La sua è una delle tante storie che segnano il dramma degli sbarchi lampedusani. Ha salpato il Mediterraneo partendo dalla Libia, ma  – prima ancora – ha attraversato il deserto. Parte dei compagni non è sopravvissuta a quella tappa. Poi c’è stato il viaggio in mare. E lo sbarco, incolumi, sulle coste di Lampedusa. “Ho scelto l’Italia – spiega Elvis – perché è una terra di libertà. Da ben sette mesi sono a Mineo. E sono felice. Dio benedica questo paese, questa è una vera terra di pace”.

Ad accogliere il corteo in Cattedrale c’era il viceparroco don Giuseppe Maieli. “Il bel momento di oggi – ha detto – ci riporta alla veglia del 7 settembre indetta da papa Francesco in favore della Siria. Quella preghiera è stata efficace. Quanto abbiamo chiesto a Dio è stato da lui ascoltato. Dobbiamo continuare questo cammino di pace invocando per ognuno di noi la sconfitta dell’egoismo, la madre di ogni conflitto. Il Padre, nella fede, ci ascolterà”.

A margine della Marcia, resta aperto il dibattito sulle politiche riguardanti l’accoglienza e l’integrazione di profughi e immigrati. “In molti parlano dell’inadeguatezza della Bossi-Fini, ma nessuno ancora si premurato di riscrivere quella legge”, lo dice a LiveSicilia Grazia Giurato della comunità parrocchiale SS. Pietro e Paolo, ma anche uno dei volti storici del femminismo catanese. “In pochi conoscono l’effettivo contenuto di quella legge e quindi delle sue incongruenze. Qualche tempo fa – racconta – abbiamo seguito come parrocchia le vicende di un giovane congolese già padre e regolarmente contrattualizzato qui in Italia. Gli sono nati poi due gemelli. Per la legge, però, quel reddito andava bene per due figli, ma non per tre. Nei fatti, ha dovuto aspettare sei mesi prima di poter registrare quei due figli. Un caso assurdo – conclude – ma figlio di quella legge che nessuno si premura ancora a rivedere”.


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