PALERMO – Si era rifugiato in Gran Bretagna insieme alla sua famiglia, Domenico Rancadore, il latitante di 64 anni arrestato a Londra dalla polizia inglese. In fuga in seguito ad un ordine di carcerazione di sette anni per associazione mafiosa ed estorsione, aveva lasciato l’Italia nel 1994, ma poteva contare, sin dall’inizio, su sua moglie, Anna Maria Macaluso Culcasi. La donna, figlia del console italiano a Londra, Bernardo, era stata successivamente seguita dai figli. Con Giuseppe, 36 anni oggi e Daniela, 33 anni – entrambi nati nella città inglese – la famiglia si era così ricongiunta. La fuga d’amore della moglie e dei figli della coppia era stata ripagata da una vita agiata.
Era una latitanza all’insegna del benessere economico, infatti, quella che Domenico Rancadore, esponente di spicco del mandamento di Caccamo e definito dai pentiti come “un pericoloso capomafia di Trabia”, conduceva. A Londra gestiva un’agenzia di viaggi, si era ormai guadagnato il titolo di “superlatitante di mafia” e poteva ancora usufruire della pensione da insegnante di educazione fisica, erogata dall’Inpdap. Mese dopo mese, sul suo conto corrente di una banca italiana, infatti, veniva accreditata la somma prevista per gli ex professori. Lui, che insegnava educazione fisica, a Londra trovò una nuova casa, un’attività da portare avanti. Ma, nel frattempo, gli arresti del 2006 a Trabia, avevano fatto finire nuovamente nell’occhio del ciclone il mandamento mafioso di Caccamo.
La maxi operazione “Rinella 2” condotta dai carabinieri della compagnia di Termini Imerese e del nucleo operativo di Monreale, aveva fatto venire a galla il controllo che Cosa nostra esercitava sull’amministrazione comunale di Trabia, dagli appalti pubblici fino alle campagne elettorali. In quel momento era la potente famiglia dei Rinella ad esercitare il proprio controllo e il nuovo capofamiglia, Salvatore, aveva conferito a Rancadore un ruolo di rispetto, ovvero quello da consigliere della cosca.