La 'mela avvelenata' di Cateno e i tormenti del centrodestra

La ‘mela avvelenata’ di Cateno e i tormenti del centrodestra

L'offerta di pace che potrebbe trasformarsi in una dichiarazione di guerra.

Gianfranco Miccichè non ha precisamente le fattezze di Biancaneve, ma Cateno De Luca la ‘mela avvelenata’, espressione figurata che sta per stratagemma politico, gliel’ha offerta lo stesso. Ovviamente Miccichè, non essendo appunto Biancaneve, non l’accetterà mai. Però non è surreale pensare che la mossa sia in grado di acuire i disagi – i tormenti, se preferite – del centrodestra.

Ecco che cosa ha detto ‘Scateno’, in una chiacchierata con LiveSicilia.it, dando il consiglio al suo dirimpettaio: “Di verificare se sussistono le condizioni per fare di nuovo il presidente dell’Ars. Io non avrei nulla in contrario, lo appoggerei. Lo dico chiaramente. Noi, nel caso, lo appoggeremmo”. E poi una serie di valutazioni sull’ipotetico futuro romano di Miccichè, ‘troncato’ dalla scelta di Licia Ronzulli come capogruppo al Senato. Sul presidente Schifani, su una convivenza ritenuta complicata perché: “Miccichè è un buono, non è ombroso. Non coltiva rancori, né vendette, è così, spontaneo. Mentre Schifani… Mi pare che sia all’opposto da molti punti di vista. Non penso che avranno un rapporto semplice”.

Cateno fa il suo mestiere di guastatore ed è logico che provi a insinuarsi nelle contraddizioni dell’avversari, a sfruttarne i posizionamenti differenti dietro l’unità proclamata, contando su un legame di antica sintonia con l’ex presidente dell’Ars. Ma non è nemmeno incongruo ritenere che – oltre i tatticismi – la frequentazione tra Miccichè e Schifani non componga esattamente la più rosea delle coppie politicamente intese. Specialmente perché l’inquilino di Palazzo d’Orleans ha già fatto capire di non accettare coinquilini chiassosi.

Il presidente della Regione si muove, sulla rotta tra Palermo e Roma, tra Palazzo d’Orleans e Palazzo Chigi, sopra un campo di gioco accidentato, in cui sarà necessario il massimo aplomb istituzionale, con qualche gomitata, per segnare il punto. L’ex presidente dell’Ars si trova in una congiuntura personale delicata: vorrebbe avere massima voce in capitolo da qualche parte, o con un posto al sole romano, o con una zona d’influenza (magari la Sanità) siciliana. Le ultime parole famose di Micciché, che non sono mai veramente tali, sembrano esplicite: “A Roma non vado manco morto. Resto a Palermo, con Schifani fino alla morte. Non sarà guerra come con Musumeci, siamo dello stesso partito”. E c’è chi intravvede già qualche crepa. Come davanti a un’offerta di pace che potrebbe trasformarsi, a certe condizioni, in una dichiarazione di guerra. (Roberto Puglisi)


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