CATANIA. È il decesso di Paolo Brunetto, boss indiscusso dell’omonimo clan, a rappresentare un vero e proprio spartiacque all’interno della cosca predominante sul litorale ionico ma con importanti articolazioni anche tra i comuni pedemontani ed il comprensorio dell’Alcantara. È il 12 giugno del 2013 quando si diffonde la notizia della sua morte, avvenuta poco prima all’ospedale di Biancavilla. Ad intercettare le preoccupazioni e le incertezze per il futuro dei sodali, confluite negli atti dell’inchiesta denominata Fiori di pesco, le cimici dei carabinieri della Compagnia di Taormina. È Alessandro Siligato, imputato per associazione mafiosa nel processo scaturito dall’operazione Kallipolis e tra gli uomini più fidati di Salvatore Brunetto, fratello del boss, a dare la notizia quel giorno, poco dopo le 7, a Carmelo Caminiti, tra i referenti del clan a Francavilla di Sicilia. “E’ morto il principale”, queste le parole utilizzate da Caminiti per informare Antonio Monforte.
Da lì prende il via un convulso giro di telefonate tra incredulità e ricerche di conferme. A testimoniare la delicatezza del momento, i timori per i futuri assetti interni espressi da Monforte ad un amico.
Antonio Monforte: non ti preoccupare .. Lo sai che è morto lui?
C.F. : ah!
Antonio Monforte: lo sapevi?
C. F. : che è morto tuo suocero?
Antonio Monforte: No! è morto Paolo (riferendosi alla morte di Brunetto Paolo)
C. F. : No!
Antonio Monforte: Mio suocero è morto prima!
C. F. : E quando è morto Paolo?
Antonio Monforte: Forse questa notte!
C. F. : porca miseria schifosa
Antonio Monforte: “bestemmia” ci ha consumati questo!
C. F. : “Minchia!!!
Antonio Monforte: “bestemmia”
C. F. : “minchia” …. bestemmia”
Antonio Monforte: “bestemmia” a noi ci sembra che il mondo è tutto il nostro, no! no!
C. F. : “Minchia” adesso c’è un manicomio
Quasi scontata la successione alla guida del clan di Pietro Carmelo Olivieri, detto Carmeluccio. Già nei mesi precedenti al decesso di Paolo Brunetto, quando le condizioni del boss si erano aggravate, era stato il caposquadra di Giarre a prendere in mano le redini della cosca. E’ Vincenzo Lomonaco, referente del clan nell’area pedemontana, tra Castiglione di Sicilia ed i comuni limitrofi, a chiedere l’intervento di Carmeluccio per dirimere un conflitto interno esploso con gli esponenti del clan nella Valle dell’Alcantara. In quell’occasione il futuro reggente chiede esplicitamente a Vincenzo Pino, ritenuto dagli inquirenti il referente del clan per l’area di Malvagna e cugino di Paolo Brunetto, di non investire della questione il boss, gravemente affaticato dalla malattia.
Vincenzo Pino: Pronto!
Vincenzo Lomonaco: Compare Vincenzo
Vincenzo Pino: Ahu! Vincenzo ciao
Vincenzo Lomonaco: Ciao bello aspetta che c’è un amico che vuole parlare con te (si da atto che gli passa il telefonino a tale Carmeluccio individuato in Pietro Carmelo Olivieri da Giarre)
Vincenzo Pino: Pronto!
Pietro Olivieri: Vincenzo!
Vincenzo Pino: Pronto!
Pietro Olivieri: Oh Vincenzo!
Pino Vincenzo: Ahu! Chi sei?
Pietro Olivieri: Carmelucccio sono, come siamo combinati porco Giuda!
Pino Vincenzo: Ahu Carmeluccio che fai, che si dice, non ti avevo conosciuto, che si dice?
Pietro Olivieri: come siamo combinati?
Pino Vincenzo: apposto!
Pietro Olivieri: qua siamo combattiamo, io non sono potuto salire, perché tuo cugino non c’è stato è stato lì a Palermo
Pino Vincenzo: Eh! Ho capito
Pietro Olivieri: e sono stato molto impegnato, ora è venuto lui ieri, giustamente lì l’hanno martoriato, analisi, cose, è stanco…
Pino Vincenzo: ho capito
Pietro Olivieri: è stanco, hai capito?
Pino Vincenzo: ho capito
Pietro Olivieri: Vincenzo mi stanno dicendo per questo discorso, inutile che poveretto gli diciamo sta cosa, la discutiamo qua tra di noi, tu sei più grande bene o male
Pino Vincenzo: Si! Si!
Pietro Olivieri: tu sei più grande, allora tu qui ci metti una pietra magari che è stato lui, o non è stato lui, gli metti una pietra sopra, li rimproveri giusto rimproverali, perché tu lì sei più grande giusto?
Pino Vincenzo: Si comporta male questo ragazzo non ha rispetto, non ha educazione
Pietro Olivieri: tiragli le orecchie, tiragli le orecchie, è stato lui o non è stato lui tiragli le orecchie!
Vincenzo Pino: Senti una cosa se scendo pomeriggio per fargli gli auguri lì
Pietro Olivieri: esatto ci scendi pomeriggio, perché lui ancora è stanco è chiuso, cose…però non gli diamo dispiacere Vincenzo al cugino
Vincenzo Pino: No! No!
Pietro Olivieri: perché è giusto, non gli diamo dispiacere!
Una successione che però non sembra fornire sufficienti garanzie per una stabilità all’interno del clan. La preoccupazione è che possano scatenarsi conflitti tra i papabili alla guida della cosca. Timori che emergono chiaramente nella conversazione intercettata tra Carmelo Caminiti ed un amico, il giorno dopo i funerali del boss, celebrati nella Chiesa Madre di Fiumefreddo di Sicilia.
Carmelo Caminiti: ieri ci siamo fatti quella passeggiata!
G. B. : e, lo immaginavo io!
Carmelo Caminiti: eh! Eh!
G. B. : ce n’erano cristiani?
Carmelo Caminiti: ah! Ai voglia!
G. B. : ah, be certo, c’erano tutti quelli là, Parrucchino, cosa…
Carmelo Caminiti: la cosa, la cosa, la cosa…la cosa per dire un pochettino in quel modo è che per ora c’è Parrucchino!
G. B. : minchia!
Carmelo Caminiti: ma sai che c’è per ora? Un vespaio, comunque, speriamo che non succede niente! Ma sai che c’è?
G. B. : va be ma lo immaginavo che c’era lui che entrava lui!
Carmelo Caminiti: non è entrato, quelli dicono che dobbiamo parlare…poi te la spiego va! Tanto io è capace che domani o dopodomani devo scendere a Messina!
OMISSIS
G. B. : mi è dispiaciuto di quella persona che se n’è andata, però ah!
Carmelo Caminiti: ah, non ne devi parlare, non ne devi parlare!
G. B. : mi è dispiaciuto onestamente!
Carmelo Caminiti: o Dio, o Dio, ora si era aggiustato la testa, tutte le cose, era più tranquillo!
G. B. : minchia, ora, per ora Parrucchino, ora si deve vedere se non succede qualcosa prima…minchia!
Per gli investigatori Parrucchino sta ad indicare Pietro Carmelo Olivieri. Il giorno dei funerali le telecamere piazzate dai carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Giarre immortalano una scena particolarmente significativa. Il feretro, sollevato in alto, viene ruotato proprio verso Carmeluccio. Per gli inquirenti il gesto simboleggia l’avvenuta consacrazione, il passaggio di consegne dal boss al nuovo reggente.
Ma la percezione tra alcuni presunti sodali, appena un mese dopo l’addio al boss, è che qualcosa sia irrimediabilmente cambiato. La fine di un’era che non tornerà più. Un rammarico espresso da Angelo Salmeri a Salvatore Scuderi, entrambi accusati di associazione mafiosa nell’inchiesta Fiori di pesco.
Angelo Salmeri: tutte cose… è finita Turi…è finito “quello” è finito tutto (riferendosi alla morte del boss Paolo Brunetto)
Salvatore Scuderi: se è per questo ce li aveva pure prima quelle cose Frisina
Angelo Salmeri: hai voglia che loro mi dicono no no c’è quello, c’è quell’altro, chi c’è? Non c’è nessuno! Te lo dico io, vado lì non trovo mai nessuno!”.