Le accuse del collaboratore di giustizia Maurizio Avola, sicario della cosca Santapaola, nei confronti del presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, “non hanno trovato riscontro” nelle dichiarazioni di altri pentiti che “non erano in possesso di notizie” sul governatore. Lo affermano i magistrati della Dda della Procura di Catania nella richiesta di ordinanza di custodia cautelare in carcere chiesta al Gip Luigi Barone per le indagini Iblis del Ros.
Avola ai magistrati, nel marzo del 2006, aveva detto di avere visto “in un telegiornale l’onorevole Raffaele Lombardo che faceva l’alleanza con la Lega Nord con Calderoli” e di averlo riconosciuto. Secondo il pentito era lo stesso uomo che nel 1992 aveva visto per due volte in casa di un falegname a San Giovanni La Punta dove si nascondeva il boss Benedetto Santapola, allora latitante per l’omicidio del generale Alberto Dalla Chiesa. Poi lo avrebbe incontrato più volte in un’area di servizio con il boss di Cosa nostra Marcello D’Agata, che gli avrebbe riferito di avere con l’esponente politico. Secondo il pentito Lombardo era in possesso di un’auto particolare: una Lancia evoluzione, a trazione integrale, di colore blu. Voleva rubarla ma il boss lo fermò dicendogli che era di un “amico”. Ma per la Procura “le dichiarazioni di Avola non sono state finora positivamente riscontrate”. Da accertamenti alla casa automobilistica è emerso che due sole auto Lancia Delta evoluzione sono state immatricolate a Catania, entrambe dopo l’arresto di Avola. Per questo la Procura ha avanzato richiesta di archiviazione del fascicolo che è stato respinta dal Gip che ha disposto l’interrogatorio di altri pentiti. I collaboratori di giustizia, sentiti dalla Dda, però “non sono in possesso di notizie idonee a riscontrare le dichiarazioni di Maurizio Avola”.
(nella foto il procuratore D’Agata)