PALERMO – Dopo dodici anni, la Sartoria Maqueda ha chiuso la sede storica e ne aprirà una nuova altrove. Un post amaro su facebook annuncia la decisione irrevocabile: “Ci sono tante ragioni per cui ti lascio ma penso che la prima, la più sincera sia una: dopo tanti anni al tuo fianco per contribuire alla tua bellezza e per partecipare con te al rinnovamento culturale della nostra Città, mi dispiace dirtelo ma mi hai deluso. Come si fa a fingere di andare avanti facendo passi indietro…”.
Il caso non è il primo né sarà, probabilmente, l’ultimo, perché nonostante la volontà di mantenere il ‘cognome’ dell’attività, proprio via Maqueda ha giocato un ruolo chiave nella scelta di Alice Salmeri, la titolare, che per oltre dieci anni ha fatto base al n.229 della storica via palermitana. Fino a un distacco annunciato sui social.
Il post sulla pagina Facebook dell’attività ha ricevuto molte reazioni e commenti di solidarietà e affetto. “Le risposte che ho avuto rispecchiano un malumore che è collettivo – commenta – non solo mio. In una città così grande come Palermo non c’è un pensiero reale sui luoghi e sulle cose, si fa tutto come conviene e come capita”. Parole dure, indubbiamente.
“Ci sono tante spese e non c’è una valorizzazione del territorio”, è la denuncia di Salmeri. “Sì, arrivano i turisti, ma è vero anche che accanto non mi ha aperto Prada ma una friggitoria. I miei clienti erano quasi tutti turisti, anche di passaggio, ma è un tipo di turismo selettivo e non quello di massa, che via Maqueda oggi attira. E poi – aggiunge – un negozio che sta aperto di giorno, in un posto che ha grandi flussi di visite di sera, non vale la pena né che stia aperto né che arrivi a stravolgere le vite di chi ci lavora con turni massacranti”.
Salmeri rilancia e punta il dito: “Io dico che non c’è stato un pensiero su come potessero convivere i negozi tra loro, o i negozi con le bancarelle. Per carità, devono lavorare tutti, e io comunque la mia fedele clientela palermitana ce l’ho; ma se non ci si trasforma in venditori di gadget o oggettistica, non ce la si fa”. Fin dalla decisione di pedonalizzare via Maqueda, sono stati tantissimi i pareri, alcuni concordi, alcuni discordanti. “Io invece l’ho fortemente voluta – precisa Alice – ma senza ulteriore pianificazione non ha sortito l’effetto che avrebbe dovuto”.
C’è anche una denuncia nella denuncia: “Molte attività ‘artigianali’ del centro storico in realtà poi non sono tali”, rivela l’imprenditrice. “Non hanno i permessi, non sono iscritti all’albo degli artigiani… Tutte cose che costano, ovviamente. Non è solo una questione di via Maqueda o di Palermo: qui l’artigianato non ha futuro. Le spese da sostenere sono così alte che non si riesce più. E la pensano così in molti, come Giuseppe Rogato, fondatore del brand Pivvicci, che ha proprio dovuto cambiare città. Abbiamo provato a resistere, ho anche provato a convincere miei colleghi artigiani a condividere uno spazio comune… Però poi alla fine, dopo dodici anni, ho detto basta”.
La Sartoria Maqueda dovrà trovare una nuova dimensione imprenditoriale, mettendo da parte il rammarico in fretta. “Non vuol essere una lamentela, però non c’è bellezza in via Maqueda. Certo, quando mi ci sono trasferita erano tutti negozi etnici, però quantomeno accanto e di fronte avevo molti più negozi di un altro tipo, come lo storico Pustorino, un nome nell’abbigliamento in questa zona, chiuso tre anni fa e ormai un ricordo anche quello. D’altro canto – sottolinea Salmeri – ben venga chi aggiunge un valore, qualcosa che serve, anche nel settore del cibo; ma a conti fatti a parte poche realtà tutto è anonimo, un vero ‘mangificio’. Meglio il fascino della decadenza che un ‘impupamento’ finto”.
E scaglia un’ultima freccia verso il Comune di Palermo: “La politica comunale è chiara: fanno il festival della birra, del gelato, dello street food… L’indirizzo è quello. Non è che fanno il festival della moda etica, giusto? Il Centro Storico non diventerà mai il nostro centro commerciale vero”.