Cara senatrice Annamaria Furlan, lei è stata eletta nel collegio Pd della Sicilia Occidentale e ha fatto, recentemente, notizia perché è passata, legittimamente e insindacabilmente, alla corte dei renziani di Italia Viva.
Sul suo apporto, beninteso, lei stessa non nutre dubbi, come ha detto in una intervista rilasciata a LiveSicilia: “Mi sono occupata della Sicilia attraverso disegni di legge, interpellanze, interrogazioni…”. E va benissimo. Le crediamo sulla parola. Oltretutto, la sua analisi sul riformismo non è affatto campata in aria. Anzi.
Il suo transito ha, comunque, sollevato polemiche che c’erano pure nei giorni della sua candidatura, perché – si disse – che c’entra una, sia pure brava, rispettabilissima e appassionata, Signora della politica e del sindacato, nata in Liguria, con una regione tanto lontana che non la conosce?
Come potrà interagire? Basterà l’esperienza significativa e importante con la Cisl? Perché è stata catapultata? Così si disse.
Un focolaio ravvivato, in questa occasione, dal più classico dei cambi di casacca.
Ha incalzato, con veemenza, Mari Albanese, dell’assemblea nazionale Pd: “Oltre al danno di non avere avuto una nostra rappresentanza territoriale, pure la beffa. Non l’abbiamo mai incontrata nei nostri territori”.
Noi, comunque – lo scriviamo con simpatia – siamo certi che lei, senatrice Furlan, avrà tratto profitto dall’annotazione degli usi e costumi regionali.
Forse, si sarà trovata a mal partito con il problema ideologico del ‘ciaffico’ (di destra o di sinistra?), che, quaggiù, rappresenta un’afflizione.
Però – almeno lo speriamo – avrà gustato la celebre polenta a beccafico siciliana, conservandone una indelebile memoria papillare.
Stiamo abusando dell’ironia che è l’arte incruenta del paradosso? Ci perdoni, senatrice, ma che saremmo senza un sorriso? Accetti il nostro, con tanti affettuosi auguri di buon proseguimento.

