Mia bellissima,
mi ricordo di un tramonto di settembre di pochi, davvero pochissimi anni fa. C’eravamo tu ed io, da soli. Per tutto il pomeriggio non avevi smesso di frignare e dimenarti, forse per il caldo o le zanzare. Poi ti presi in braccio ed uscii fuori. Per quell’estate avevamo deciso di stare, mamma, i tuoi fratellini, tu ed io, in un minuscolo alloggio di pescatori. Che posto meraviglioso; una casetta antica, costruita proprio sugli scogli. Dalla finestrella della cucina arrivavano direttamente gli spruzzi delle onde, e per tutta la notte il suono del mare ci faceva sentire come in una palafitta. O come su una nave. Per questo, il trascorrere di quell’estate fu per noi una specie di navigazione da fermi.
Finalmente smettesti di piagnucolare quando mi assestai sugli scogli, faccia al mare, col sole che già si era tuffato dietro l’orizzonte, con te fra le mie braccia. Guardavi il mare anche tu, me lo ricordo bene. Respiravamo; ti dondolavo fra le mie braccia e il tuo viso assumeva gli stessi colori, tenui e caldi, di quel tramonto. Se il ricordo di quei momenti è per me così nitido, è perché credo che fu proprio allora che realizzai per la prima volta di cosa fosse fatto davvero il nostro legame, di che pasta fosse composto, che valore avesse pienamente.
Tre mesi prima, in sala parto, avevo assistito al tuo aprire gli occhi e al tuo primo vagito, tremante ed emozionato, senza nemmeno accorgermi che stavo piangendo. Non posso certo negare che vederti per la prima volta ebbe l’effetto di un’alba radiosissima.
Eppure solo allora, dopo tre mesi, davanti a quel tramonto sul mare dagli stessi colori del tuo viso e dei tuoi occhi, presi contatto con la mia autentica realtà di tuo custode, tutore, cavalier servente. Ne approfittai, dando spazio ad alcune parole sussurrate, lo ricordo bene, che pronunciai nella perfetta consapevolezza che tu mi comprendessi. I bambini, anche di pochi mesi, o di pochi giorni, comprendono sempre, perché prima ancora delle parole e dei pensieri, avvertono, attraverso il proprio, altri cuori che battono accanto al loro. Imparano a farlo per la vita; poi, però, a volte lo dimenticano.
Ti presentai il mondo, quel mondo. Ti presentai il mare, il cielo, il tepore che saliva dagli scogli e l’odore della salsedine, fortissimo, inebriante, che ti si scolpisce nell’anima, indelebile.
Ti dissi che quello era il mondo dei viventi, delle loro gioie e dei dolori. Ti chiesi se fossi disposta anche tu ad affidare i tuoi sguardi, la tua mente ed il tuo cuore alle follie degli uomini ed al mistero della loro esistenza; te lo chiesi perché per me era stato così; te lo chiesi in preda ad un mio narcisismo, confesso, per scoprire se mi somigliassi. Dormivi già. Lo presi come un assenso. Ti diedi un bacino, ma piano, per non svegliarti.
Mia bellissima, domani mattina un piccolo schieramento di cattedratici celebrerà il coronamento dei tuoi studi universitari, in piedi, nella solennità di un’aula. Sarà un’emozione grandissima, ma, se puoi, guardali bene quegli uomini; forse ti sembrerà che “i poteri conferitici dallo Stato” rendano ancora più grande il loro magistero e più piccola la verde rispettabilità del tuo sapere. Loro, i Professori; tu, i tuoi colleghi, i tuoi amici, germogli appena sbocciati.
Ebbene, non è così; non è solo così. C’è anche che un’intera generazione di uomini ti sta affidando questo mondo; c’è che una schiera di persone adulte, dopo aver attraversato strade a volte dure, ostili e accidentate, a volte della stessa morbidezza del velluto, volendo rimuovere tutto, ma senza dimenticare niente, ti consegna sommessamente le chiavi del regno, dell’universo intero, orgogliosi di qualche successo e silenziosi testimoni dei propri errori.
Sta qui, in questo passaggio di consegne, la vera, profonda solennità di questo momento glorioso. Vai tu, adesso, amore mio. Vai avanti. Dovrai ancora incontrare e superare ostacoli vecchi: il tuo essere donna, ad esempio, che una società ancora troppo maschilista stenta a digerire, in piena crisi di identità rispettabilmente maschile. Dovrai sgomitare in un mondo del lavoro ancora squilibrato, sempre squilibrato, profondamente incline all’ingiustizia e alle raccomandazioni. Dovrai contribuire ad abbattere vecchi schemi, prima di costruirne di nuovi, più rispettosi, più umani. Dovrai ancora ignorare le lusinghe e le corruzioni, lucidando a specchio, continuamente, incessantemente, quei gioielli che sono i tuoi valori morali.
Ma ci riuscirai, me lo hai promesso, mentre eri in braccio a me, di fronte al mare. Mentre ascoltavi le mie parole sussurrate senza comprenderne il senso ma ascoltando, con il tuo, il battere del mio cuore. I bambini comprendono tutto con il cuore. Imparano a farlo per la vita, e tu non sarai tra chi se lo dimentica.
Auguri, mia bellissima. Tuo papà.