Caro Oliviero, ci vuole coraggio a restare, non a stilare un impietoso cahier de doleances su una travisata idea di «sicilianità» alla quale, molto ingenerosamente, attribuisci significati spregiativi. Perché una esperienza personale – la tua – non può certo diventare il paradigma del «sistema», né la fotografia di una terra nella quale, ogni giorno, contrariamente alla tua pessimistica visione, c´è che chi, nel suo piccolo, cerca di cambiare le cose. Pagando prezzi altissimi, anche nei rapporti umani.
La «sicilianità», se vuoi, può essere altra cosa: ostinazione, coraggio, dignità, creatività. Non lo dico io, Lo dice la Storia della Sicilia. E lo sai bene anche tu perché qui a Salemi le cose che hai fatto hanno avuto sostegno – materiale e morale – di tanti cittadini salemitani, amministratori e non, che hanno assecondato i tuoi progetti.
Tutte le iniziative che con Vittorio hai ideato e alle quali noi abbiamo lavorato, sono state finanziate con le risorse del bilancio comunale, con i contributi – seppure modesti – della Regione, della Provincia regionale, di Enti come l´Istituto Vite e Vino, con l´intervento di qualche illuminato imprenditore privato e con il contributo finanziario personale – ormai di dominio pubblico – di un munifico Vice Sindaco che non viene da Milano o da Padova, ma vive ed opera a Salemi. E con la collaborazione, gratuita, di tanti straordinari ragazzi, del tuo e di altri assessorati, che hanno diritto di
sperare.
L´idea di cercare «finanziamenti pubblici prima di dare vita ai progetti», non mi sembra un´anomalia. Lo è, semmai, il contrario. Del resto, se fai una campagna pubblicitaria, ci vorrà poi chi, materialmente, acquisterà gli spazi su giornali e televisioni. Il tuo stesso lavoro trova concretezza, spesso, grazie ai finanziamenti pubblici.
Il tuo «me ne vado» sarebbe una resa. Scappando ti uniresti a quanti, la speranza, la vogliono seppellire per davvero. E non mi pare un buon esempio per quei ragazzi che, forse inconsapevolmente, hanno aggiunto la propria firma ad una lettera che è pericolosa, perché non indica a loro il senso di una sfida, l´incitamento a restare, a scardinare il «sistema», ma, assai pilatescamente, a bazzicare altrove, evitando gli ostacoli.
Per te, che hai un nome, una storia professionale, una tua autonomia ed indipendenza, sarà facile ricominciare in altri posti, con altri stimoli. Ma a questi ragazzi, cosa proponi ? Di scappare?
Tu sei un grande comunicatore. E voglio pensare che questa lettera di «addio» sia in realtà una provocazione forte, rivolta a quanti – a Salemi come a Palermo – avversano quell´idea di creatività che è fatta di merito, trasparenza, senso civico.
Ti invito a restare. E, ne sono certo, da uomo coraggioso quale sei, ne scriverai un´altra di lettera, con questo titolo: «Vi spiego perché resto». Scriveva Luigi Einaudi: «Non le lotte o le discussioni devono impaurire, ma la concordia ignava e l’unanimità dei consensi».