PALERMO – “Sulla scuola è necessaria una maggiore serenità da parte di tutti: la scuola è uno dei luoghi più sicuro, la curva del contagio non è in ascesa, è in equilibrio anzi in discesa. Possiamo proseguire l’anno scolastico in presenza”. Così l’assessore regionale all’Istruzione e Formazione professionale Roberto Lagalla ha commentato lo stato dell’arte sul dossier. Sono stati giorni caldi per il mondo della scuola e, dopo una settimana dall’effettivo ritorno in classe della maggior parte degli alunni siciliani, l’assessore traccia con Live Sicilia un bilancio del rientro nelle aule e avanza alcune proposte sui nodi che rimangono da sciogliere: dalle quarantene, ai vaccini passando per il tracciamento sul quale Lagalla dice: “Non è più il tempo dei tamponi a tappeto”.
Assessore, sul rientro a scuola qualcuno ha parlato di confusione. Lei come commenta ciò che è accaduto?
“È vero, qualcuno ha parlato di ritorno gestione confusa della ripresa dell’attività didattiche ma la Regione Siciliana è stata una delle poche Regioni, se non forse l’unica, in cui tutti gli attori del sistema sono stati sentiti attraverso la task force. Talvolta, si è parlato del tema delle scuole dimenticando i riferimenti normativi e i dati del contesto epidemiologico. Si è ritenuto che chi non ha competenza possa trovare il potere per risolvere alcune emergenze ma così non sempre è”.
Insomma, all’inizio, il tentativo è stato quello di scongiurare fughe in avanti?
“Si. Alla luce del provvedimento nazionale che ritoccava sensibilmente le regole delle quarantene, noi abbiamo utilizzato il margine di tre giorni di vacanze che ci eravamo riservati per tempo. Lo abbiamo fatto ascoltando le difficoltà dei presidi di riadeguare i modelli organizzativi alle nuove regole. Dall’altra parte avevamo chiaro che il picco del contagio riguardava anche il personale scolastico e quindi serviva del tempo per ricostituire gli organici e provvedere alle supplenze. Poi la scuola non poteva che riprendere anche se ci erano chiare le segnalazioni in entrambi le direzioni. Alcune famiglie, infatti, volevano la riapertura ma c’erano anche quelle che volevano la chiusura”.
I sindaci come hanno operato in questo contesto? Hanno sbagliato?
“Non credo che si possa parlare di errori. I sindaci sono quelli che sentono più di tutti la pressione delle comunità che amministrano. Le ordinanze, ove non erano suffragate dai dati, sono state cassate. Oggi in ogni caso i provvedimenti dei sindaci hanno esaurito i loro effetti. Come le ho detto, anche noi abbiamo avvertito segnalazioni di segnale opposto. L’ordinanza del presidente della Regione, facendo riferimento alla normativa nazionale, prevedeva possibilità di disporre la chiusura delle scuole in zona arancione. Questo andava fatto in condizioni di un andamento eccezionalmente drammatico dell’epidemia. La situazione dopo le vacanze era grave ma oggi siamo in uno stato di tollerabilità sanitaria. Grazie al vaccino ci avviciniamo al momento in cui sarà possibile derubricare la malattia a un morbo similinfluenzale”.
Cosa state facendo per le vaccinazioni in età pediatrica?
“La Regione Siciliana già aveva un elevata quota vaccinale nella fascia 12-19 anni. C’è una scopertura nella classe di età inferiore. Per questo insieme all’assessorato alla Salute e ai presidi stiamo attivando presidi di vaccinazione nelle scuole. È solo così che tuteliamo la Salute dei nostri ragazzi, mentre meno peso devono avere campagne di realizzazione di tamponi generalizzati. La condizione di asintomatico così diffusa riduce i margini di manovra sulla tracciabilità”.
Insomma, non è più il tempo di tamponi a tappeto?
“Le ripeto. Oggi la nostra missione è far crescere il numero degli studenti vaccinati. Questo non toglie che presidi e sindaci, possono raccordarsi con le Usca scolastiche, delle unità operative che abbiamo in Sicilia ma non sono in tutte le regioni, e possono chiedere la realizzazione di tamponi. Ripetere tamponi a pioggia oggi significa poco”.
Si sta discutendo di modificare le norme sulla quarantena nelle classi. Lei che ne pensa?
“Io sono d’accordo sul fatto che le norme dettate dal governo nazionale sono di difficile applicazione e comportano un elevato ricorso alla cosiddetta didattica integrata. L’erogazione della didattica così diventa davvero complicata. Spero quindi che il governo possa rivedere questo sistema”.
Non c’è il rischio di eccessivo ricorso alla Dad? Non facilita la dispersione scolastica?
“Tutto il contrario. Ci sarà un ricorso ponderato. In questi anni la dispersione scolastica è diminuita e la Regione si è avvicinata alla media nazionale di 5 punti percentuali. Sa qual è il problema che sta emergendo con la pandemia?”
Mi dica.
“In tutta Italia, sta crescendo la dispersione scolastica implicita. Cala cioè la capacità di apprendimento degli studenti. Per due anni gli studenti hanno perso l’abitudine a scrivere, a confrontarsi, a relazionarsi. La scuola deve tornare a essere una comunità di persone in relazione”.
I dati sono stati resi noti qualche giorno fa dall’Ufficio regionale scolastico, come valuta lo stato dell’arte?
“Abbiamo una media regionale di alunni assenti del 3,38 per cento e del 2,67 per cento di studenti in quarantena. Abbiamo quindi un 5-6 per cento di studenti che sono costretti ad essere assenti. Sembra una quota irrilevante ma non è così: su 620mila studenti sono circa 30mila studenti. Non è pochissimo. Altrettanta valutazione si può fare con i docenti, si tratta dell’1.4 per cento, circa 1000 docenti. Non abbiamo numeri rilevanti, quindi, come in altre regioni ma c’è una sofferenza organizzativa. L’unica cosa che possiamo fare, però, è auspicare una semplificazione della gestione delle quarantene. Senza dubbio la didattica integrata mette i nostri presidi, che stanno facendo un lavoro straordinario, in una situazione di difficoltà”.
Secondo lei come devono cambiare le regole?
“Secondo me, dovrebbero facilitare maggiormente la discrezionalità dei presidi in caso di positività nelle classi. Resta fermo un dato, che la scuola continua a essere l’unico posto in cui viene rispettato sia il distanziamento che l’uso della mascherina”.
È stato annunciata la fornitura di mascherine Ffp2 a tutti gli studenti da parte dello Stato.
“Sono d’accordo perchè è diventata una questione di forte carattere psicologico. Prima l’uso era prescritto solo verso alcuni insegnanti. La Regione non ha le competenze per fornire questi dispositivi ma siamo intervenuti in sussidiarietà consentendo ai presidi di utilizzare le risorse regionali per l’acquisto di Ffp2 e di sistemi di areazione. Questo non toglie che dobbiamo continuare a insistere sulla vaccinazione”.
C’è un problema trasporti?
“Se ne fa un gran parlare. Devo dire che i tavoli provinciali coordinati dai prefetti hanno lavorato intensamente. Piuttosto che parlare di un’insicurezza generale, le organizzazioni sindacali e le rappresentanze degli studenti che se ne occupano, facciano delle segnalazioni puntuali sui singoli casi e i tavoli prefettizi e l’assessorato alle Infrastutture sono pronti a intervenire. Occorre evitare psicosi generalizzate”.
Dal punto di vista infrastruttuale, invece, che si è fatto?
“In tre anni di pandemia non si può superare il gap infrastrutturale di ottanta anni. Non si può neanche dire che lo Stato e la Regione non stanno lavorando sul dossier in cui abbiamo investito tantissime risorse”.
Infine, crede che in questo periodo di iscrizioni a scuola, vada prorogata la scadenza del 28 gennaio?
“È competenza nazionale, ma sì: credo vada fatto”.