Con le intelligenze artificiali bisognerà quanto prima sedersi allo stesso tavolo e redigere i conti. Appunto perché costituiscono una realtà già di fatto in cui ci scopriamo immersi quotidianamente senza troppe mediazioni.
Non si tratta soltanto di progresso scientifico, né tantomeno di una tecnologia tra le altre. In gioco c’è una visione, una filosofia, una narrazione sull’uomo e sul mondo che oscillano tra la promessa di un compimento e l’inquietante scenario di un’egemonia programmata.
Un tema di scottante attualità, affrontato alle nostre latitudini con L’algoritmo pensate. Dalla libertà all’autonomia delle intelligenze artificiali (Il pozzo di Giacobbe, 12 euro). Un contributo che entra al centro del dibattito ma da una prospettiva che è contemporaneamente filosofica e teologica.
Christian Barone, presbitero della Dioocesi di Noto dalle solide basi dogmatiche e antropologiche, cura un testo assai urgente all’interno della collana Quaderni di Synaxis, la protesi monografica – cioè – dell’omonima rivista scientifica pensata e redatta all’interno dello Studio Teologico San Paolo di Catania. Gli autori dei saggi sono Giuseppe O. Longo, Paolo Arena, Salvatore Amato, Giovanni Di Rosa, Antonio Allegra e Giovanni Basile.
Il quaderno procede da un interrogativo all’altro. La digitalizzazione in atto è un processo meramente collaborativo tra uomo e macchine oppure si pone come uno sviluppo trasfigurativo? E che ne sarà dell’uomo nella misura in cui le intelligenze artificiali saranno in grado di autoprogrammarsi, di affrancarsi dalla sua tutela, guadagnandosi uno spazio di autonomia propria?
La domanda più implacabile è forse quella – affrontata da Basile – che aggiorna l’interrogativo di sant’Anselmo: “Cur homo machina?”. Tra fecondità e fertilità, in atto c’è un conflitto tra le intelligenze: il difficile è capire quale fra esse prenderà il sopravvento e quale, di rimando, soccomberà.