PALERMO – E’ una storia di silenzi, tristezza e rancori quella finita in tragedia in via Vincenzo Di Marco. Lui, un uomo molto introverso, che difficilmente si intratteneva a chiacchierare con chi incontrava in quel palazzo al civico 19. Lei, gentile e cordiale, ma molto riservata: in pochi sapevano qualcosa della sua vita. Giusto il lavoro che faceva e che veniva dalla Romania. Mihaela Gavril e Gabril Dumitru, 34 e 35 anni, si erano sposati proprio nel loro paese d’origine.
Tra le ragioni che possono aver provocato l’orrore del duplice omicidio e poi del suicidio dell’uomo, potrebbe esserci la loro storia d’amore naufragata: l’accanimento con cui l’uomo ha colpito la moglie con un’ascia, per poi sfigurarle il volto, infatti, sembrerebbe essere scaturito da motivi passionali. Ma le indagini degli uomini della squadra mobile, coordinati da Carmine Mosca, capo della Omicidi, vengono condotte a 360 gradi e non sottovalutano altre ipotesi. Per questo gli interrogatori sono andati avanti per tutta la notte.
In questura sono stati ascoltati amici, parenti e vicini di casa delle vittime. Tutti coloro che potessero fornire elementi utili sulle vite di Mihaela e Henryka Piechulska, la polacca trovata soffocata con un sacchetto di plastica. L’omicidio, secondo le prime ricostruzioni, potrebbe essere avvenuto di mattina: a rafforzare questa ipotesi c’è anche il racconto di una donna che abita nello stesso pianerottolo in cui si trova l’appartamento degli orrori. La vicina, infatti, avrebbe sentito un rumore sordo intorno alle dieci e mezza di ieri. Poi il silenzio.
Lo stesso che si manifestava ogni volta che qualcuno incrociava Dumitru per le scale dell’edificio o in ascensore. Non parlava molto e non viveva da tanto tempo a Palermo. In città aveva sostitutiuto, soltanto per qualche mese, un connazionale che effettuava le pulizie presso alcuni privati, ma fondamentalmente risultava essere disoccupato. Le due donne lavoravano invece come colf e in modo stabile: vivevano da almeno quattro anni in quell’appartamento di cui dividevano l’affitto e, saltuariamente, Dumitru avrebbe chiesto ospitalità nell’abitazione.
In Romania le cose non andavano bene, nemmeno lì avrebbe avuto un lavoro. E alcuni connazionali avrebbero raccontato agli inquirenti che nel paese d’origine aveva già commesso qualche reato, finendo in carcere. Poi l’arrivo nel capoluogo siciliano, dove avrebbe potuto trovare un’occupazione e finalmente riabbracciare la moglie. Il loro rapporto non sarebbe già stato da tempo idilliaco e la distanza potrebbe avere contribuito alla sua fine. Gelosie, incomprensioni, screzi: la polizia e il sostituto procuratore Caterina Malagoli tenteranno di fare luce con esattezza sul movente che ha armato la mano del romeno.
Un uomo introverso, come lo descrivono i condomini del palazzo di via Di Marco, che dopo avere ucciso l’ex moglie e la sua amica, ha deciso di farla finita gettandosi sotto un treno. Nessuno li aveva mai visti litigare, né sentito urla. Lui entrava e usciva da quel portone spesso da solo o in compagnia della donna: niente di più. Fatto sta che contro la donna che un tempo aveva amato ha infierito con una violenza inaudita, dopo la quale, probabilmente, è stato travolto dalla disperazione e dai sensi di colpa.
Un massacro quello avvenuto al quinto piano dell’edificio nella zona residenziale della città, dove la luce è rimasta accesa fino alle tre di notte per permettere alla Scientifica e al medico legale di effettuare i rilievi: a giacere sul letto e su una sedia i due corpi delle vittime. Due donne che a Palermo volevano cambiare la propria vita.