CATANIA – Filippo Fiorito è stato crivellato con otto colpi calibro 38. Era l’11 agosto 1989. I carabinieri lo hanno trovato morto all’interno di una Citroen nei pressi di un bar a Misterbianco. Anche su questo delitto c’è stata già una sentenza: condannati Giuseppe Squillaci, il figlio Francesco e Francesco Maccarrone. Oggi alla sbarra c’è il pentito Giuseppe Raffa, che avrebbe fatto da autista durante il delitto. I killer si sono vestiti da netturbini (Maccarrone e Ferruccio Coppolino, poi morto) e hanno utilizzato due pistole una calibro 44-45 e una 38. I due hanno sparato appena Fiorito è uscito dal bar ed è entrato in auto.
La vittima era un affiliato dei Nicotra. In quel periodo c’era un’aspra guerra tra i Tuppi (Nicotra) e il gruppo di Giuseppe Pulvirenti u malpassotu (oggi deceduto). Fiorito inoltre sarebbe stato ammazzato perché avrebbe avuto una relazione con un affiliato del gruppo di Orazio Pino, ex esponente del Malpassotu – poi diventato pentito – e ucciso recentemente in Liguria (ma non per fatti di mafia).
L’uccisione
Altri collaboratori hanno dato input investigativi su questo omicidio, ma è Giuseppe Raffa che ha chiuso il cerchio. “Ha ammesso le sue responsabilità riferendo – ha raccontato Rocco Liguori nella discussione del processo Thor – che lui ha aspettato in macchina davanti a un bar, mentre Coppolino e Maccarrone sono scesi armati”. Raffa ha ricordato che Maccarrone “ha sparato un colpo ma l’arma gli è esplosa in mano tanto che una scheggia lo ha ferito a un occhio”. A quel punto è stato Coppolino ad aver ucciso Fiorito con numerosi colpi di revolver.
Ma Raffa confonde i due killer, perché è lo stesso Francesco Maccarone – “che pur non essendo un collaboratore di giustizia ha reso ampie confessioni su tutti gli omicidi in cui è coinvolto” – a raccontare di essere stato già condannato per l’omicidio Fiorito e di “essere stato lui ad uccidere la vittima”. Quindi l’arma è esplosa a Coppolino e non a lui.
Tornando alla confessione di Raffa, il collaboratore ha raccontato che dopo il delitto sono tornati a casa di Giuseppe Squillaci e avrebbero “brindato con lo champagne” l’esecuzione dell’omicidio. Le barbarie dei mafiosi.