VIBO VALENTIA – Occhialini sul naso, barbetta, giacca a vento nera e aria da bravo ragazzo. Tony Trentuno, ieri pomeriggio, viaggiava su una Lancia Y presa a noleggio con un vibonese “già noto alle forze dell’ordine”. Quello è stato il primo passo falso del latitante catanese. Quella macchina infatti ha attirato l’attenzione della polizia stradale calabrese che tra Pizzo e Sant’Onofrio ha tirato fuori la paletta.
Da quel momento per il giovane boss di San Cocimo è cominciato il countdown. Il suo viaggio sulla Salerno – Reggio Calabria infatti è arrivato all’ultima fermata. La mano non proprio ferma con cui ha consegnato i documenti hanno fatto drizzare le antenne agli agenti, che hanno immediatamente notato che la carta d’identità non era autentica. E la buccia di banana è stato il greenpass, tarocco anche quello. A quel punto i due sono stati accompagnati alla Squadra Mobile di Vibo Valentia.
Da quel momento c’è un incrocio di attività. I carabinieri del Reparto Operativo di Catania, che dal 20 settembre scorso avevano avviato un’intensa indagine volta a catturare il genero dell’uomo d’onore Lorenzo ‘u scheletro, avevano già predisposto un servizio in Calabria volto alla cattura di Trentuno. Dalle indagini avevano già avuto contezza del rientro in Italia del latitante e della sua ‘intenzione’ di tornare in Sicilia. Squadra Mobile vibonese e carabinieri catanesi entrano in contatto: Trentuno è smascherato. Il conducente vibonese è finito in manette per favoreggiamento, mentre il 28enne è stato arrestato e condotto in cella in esecuzione dell’ordinanza del gip di Catania per il blitz Quadrilatero. Proprio il blitz a cui è sfuggito in autunno.
Ed è proprio da quel giorno che i carabinieri hanno lavorato senza sosta per arrivare a far scattare le manette alla giovane leva della mafia catanese. Il primo step è stato quello di radiografare ogni possibile covo in cui potesse nascondersi, facendo terra bruciata a ogni possibile fiancheggiatore. Ma è bastato poco tempo ai carabinieri per capire che Tony Trentuno aveva lasciato la Sicilia. Una precisa attività di intelligence e il sinergico scambio informativo con il Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia “hanno consentito di localizzarne la presenza tra l’Albania e la Grecia, nonché di monitorarne il rientro in Italia e, più precisamente, in Sicilia”. Certo Tony Trentuno non poteva pensare che sarebbe stato il suo ultimo viaggio. Anzi non aveva certo previsto che invece di tornare a Catania sarebbe finito in carcere. Così però è stato.