Le vendette di Cosa nostra |Alla sbarra il killer Magrì

Le vendette di Cosa nostra |Alla sbarra il killer Magrì

Il luogo del delitto avvenuto nel 2009, il segno delle pallottole sull'asfalto

Il boss santapaoliano avrebbe ucciso Franco Palermo nel 2009 per un regolamento di conti. In aula l'esame di un teste della difesa: il cognato della vittima Vincenzo Condorelli è una sequela di "non so". E poi i "non ricordo" su una conversazione "intercettata" il giorno del delitto.

CATANIA – La notte dell’omicidio di Franco Palermo, avvenuto il 27 settembre 2009, la Squadra Mobile mette le cimici nella saletta d’attesa della Questura. Seduti vi erano la moglie e il cognato della vittima: le microspie registrano lo sfogo della vedova con il fratello. Le intercettazioni tra Giovanna e Vincenzo Condorelli sono uno degli atti del processo che vede alla sbarra Orazio Magrì, esponente di spicco e killer professionista, della cosca Santapaola Ercolano. Il boss (il reggente del gruppo della Civita) fu catturato in Romania dopo diversi mesi di latitanza. Immediatamente dopo l’arresto i carabinieri gli notificarono in carcere l’ordinanza per il delitto di un personaggio di spicco di uno dei “Cursoti” di Giuseppe Garozzo, Pippu U Maritatu. Secondo la ricostruzione dell’accusa – rappresentata dal pm Antonino Fanara – Palermo fu ucciso per vendetta e a sparare stato Orazio Magrì. Parlavamo di vendetta. Dall’inchiesta denominata Fiori Bianchi 2 infatti emerge che il boss dei Cursoti sarebbe stato ucciso perchè i Santapaoliani erano convinti che fosse lui il killer che aveva ucciso Giuseppe Vinciguerra, cugino dell’imputato. L’ordine sarebbe partito da Carmelo Puglisi, personaggio di vertice di Cosa Nostra catanese, già condannato all’ergastolo in primo grado (processo abbreviato) come mandante del delitto. Un processo parallelo, sempre su questo delitto, si è aperto davanti al Gup lo scorso gennaio. Tra gli organizzatori del delitto ci sarebbe stato anche Daniele Nizza, accusato direttamente dal fratello pentito Fabrizio, ascoltato anche in questo procedimento.

Il processo ordinario (scaturito dall’indagine Fiori Bianchi 2) si celebra davanti alla Corte d’Assise presieduta da Rosario Cuteri ed è già alla fase finale. Sul banco dei testimoni si è seduto Vincenzo Condorelli, il cognato della vittima, citato dall’avvocato Salvo Pace, difensore di Magrì. E’ stata una sequela di non ricordo, non lo so e non conosco. Le domande vertevano su quella conversazione avvenuta negli uffici della polizia il giorno degli omicidi. Il teste non ricorderebbe lo sfogo della sorella, che ad un certo punto avrebbe descritto uno degli assassini che davanti al Bingo di via Caronda hanno crivellato Franco Palermo. “Lui è stato, con il casco nero” – legge l’avvocato Pace nella contestazione a Condorelli. Ma l’uomo – detenuto con l’accusa di associazione mafiosa della cosca dei Cursoti – non ha alcun ricordo. Il pm Fanara durante il controesame legge altri stralci della conversazione intercettata. La sorella di Condorelli avrebbe raccontato cosa avrebbero fatto prima del delitto. “Siamo andati a prendere un caffè dal Funciutu”. Ma chi è il “Funciutu”? Il teste risponde di non saperlo. Eppure dalle intercettazioni è lui stesso a nominare il “Funciutu” alla sorella, chiedendogli se i killer li avessero seguiti da “il Funciutu” o da “là”. Quel “là” forse era sala bingo di via Caronda, dove è stato ucciso? Ancora non lo so a raffica. Il Presidente Cuteri sollecita Condorelli a fare uno sforzo di memoria, perchè quelle cose “lui le ha dette”. Ci sono le registrazioni che lo dimostrano. A quel punto piccoli ricordi emergono. L’avvocato Salvo Pace torna a fare domande. E il teste ricorda che sua sorella gli aveva parlato di un uomo con il casco che poi è scappato. Ma nulla di più. La vedova si sarebbe sfogata: “Si è fidato troppo. I Milanesi sono stati”. Un dettaglio su cui il difensore punzecchia ancora la memoria del teste. Per la difesa, infatti, le affermazioni e le descrizioni della donna dell’uomo visto quella sera sono incongruenti con la figura di Orazio Magrì. In un passaggio si parla di un uomo basso. Ma l’imputato è alto un metro e novanta. E inoltre farebbe maturare l’ipotesi che invece il delitto non sia maturato all’interno del clan Santapaola, ma addirittura intestino ai Cursoti. Anche se a dire il vero i Cursoti Milanesi sono un gruppo a parte rispetto all’organizzazione capeggiata da Pippo Garozzo. Il teste Condorelli racconta di essere stato arrestato solo perchè una volta è andato a prendere un amico all’aeroporto. Quell’amico era il capo dei Cursoti, Giuseppe Garozzo. Fanara gli chiede: “Ma se ipoteticamente lei avesse avuto il sospetto che Garozzo fosse coinvolto con l’omicidio di suo cognato sarebbe andato a prenderlo all’aeroporto”. “No, non ci sarei andato”- afferma il teste.

Il processo è stato rinviato al prossimo 18 marzo. Il momento clou dell’udienza sarà l’esame di un altro degli imputati, Maurizio Zuccaro. Il boss di Cosa Nostra è accusato di essere il mandante dell’omicidio di Vito Bonanno, elemento di spicco del clan “Malpassotu”, ammazzato davanti all’“Etna Bar” di San Giovanni Galermo il 19 ottobre 1995.


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