PALERMO – Era una delle non tantissime leggi votate dall’Ars in questa legislatura. Una “leggina” per la verità, quella che permetteva ai comuni termali di cambiare nome aggiungendo alla denominazione attuale la parola “Terme”. Il governo nazionale l’ha impugnata davanti alla Corte costituzionale e i giudici della Consulta la hanno dichiarata incostituzionale con sentenza datata 2 aprile, depositata ieri.
La Corte, giudice relatore Nicolò Zanon, ha accolto il ricorso del governo nazionale dichiarando le norme votate dall’Ars in conflitto con il comma 2 dell’articolo 133 della Costituzione anche nel contesto caratterizzato dalla disciplina generale recata dalla legge regionale Siciliana n. 30 del 2000″.
In pratica, la norma così come era stata votata non prevedeva che i cittadini fossero sentiti preventivamente sul cambio di nome con referendum. La legge regionale votata nel febbraio scorso da Sala d’Ercole prevedeva invece che i cittadini a cose fatte potessero presentare una petizione per contestare il cambio di nome. Questo era quanto aveva contestato il governo centrale tramite l’Avvocatura dello Stato. La Corte ha accolto le ragioni del ricorrente sollevando anche un rilievo sul difetto di chiarezza sule procedure da adottare per il cambio di nome. La Regione Siciliana non si era costituita in giudizio.