PALERMO – Una raffica incredibile di errori. Inefficienze. Leggerezze. Culminate nelle immagini della telecamera che riprende quell’uomo su e giù per muri del carcere Pagliarelli. Oggi Livesicilia vi mostra la parte finale della fuga di Valentin Frrokaj, l’ergastolano condannato per omicidio scappato dal penitenziario palermitano ormai un anno fa. Di lui non c’è più traccia.
Le immagini sono uno schiaffo al sistema di sicurezza che ha fatto acqua da tutte le parti. Due minuti in cui si vede l’uomo sul muro di cinta scegliere con cura, e senza chissà quale fretta, il punto migliore per calarsi giù con una fune realizzata con i brandelli di un lenzuolo. Il lavoro della procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dei sostituti Daniele Pacie Caterina Malagoli è ormai giunto all’avviso di conclusione delle indagini. Oltre al fuggitivo, sotto inchiesta c’è una sola persona. Si tratta della guardia penitenziaria che avrebbe contribuito in maniera decisiva alla fuga, non perquisendo l’albanese prima dell’ora d’aria, né la sua cella. Altrimenti si sarebbe accorto della corda che nascondeva addosso o che potrebbe avere legato alle sbarre della cella prima di uscire.
Il reato che gli viene contestato è “colposo”, dunque uno di quelli considerati meno gravi dal codice penale. Non ci fu dolo né accordo con Frrokaj per agevolarne la fuga, ma solo negligenza. All’uomo, però, viene pure contestato un falso. Nella prima relazione di servizio, stilata subito dopo i fatti, mise per iscritto che aveva svolto tutti gli adempienti previsti dal regolamento, salvo poi fare marcia indietro e ammettere le sue colpe.
La prima parte del suo piano la possiamo solo immaginare. Di certo aveva studiato ogni mossa dell’uomo che era addetto al controllo. Poco dopo le tredici il detenuto passeggia nel cortile. Da solo, come sempre, visto che è sottoposto ad isolamento. Di recente il livello di sorveglianza, per via della sua buona condotta, è passato da massimo a medio. Il momento propizio si presenta quando l’agente della polizia penitenziaria si allontana. Il primo ostacolo è un muro altro circa tre metri e mezzo. Il detenuto si arrampica, forse utilizzando una corda legata alle sbarre della sua cella che si trova in posizione rialzata rispetto al cortile del passeggio. Ormai è sul tetto e salta giù. Poche decine di metri più avanti c’è il muro di cinta. Una barriera alta sette metri. E liscia. È l’ostacolo più difficile verso la libertà. Deve scalarlo. Non ha altra scelta. Forse sale su un portone. Oppure usa come base d’appoggio una delle piccole costruzioni che costeggiano il muro. Riesce a raggiungere la cima.
Per calarsi lega la corda fatta con il lenzuolo ad un faro dell’illuminazione. È il punto dove la ritroveranno gli agenti. Ed è il punto dove la video camera filma tutto. La parte più difficile è superata. Gli resta da lasciarsi alle spalle due cancellate. La prima è alta quasi quanto il muro di cinta. Il detenuto è senza corde come si vede dagli ultimi fotogrammi. Si è arrampicato a mani nude, dunque. Per i comuni mortali sarebbe un’impresa titanica. Per lui no, visto che ha un fisco atletico. In carcere passava ore ed ore ad allenarsi. L’ultimo ostacolo è la recinzione gialla, alta tre metri, che divide il carcere Pagliarelli dal viale Regione Siciliana. Non sapremo mai se ci sia stato qualcuno ad attenderlo. In questo caso dovremmo capire come sia riuscito a mettersi in contatto con l’esterno vista la sporadicità dei suoi colloqui carcerari.
Frrokaj era stato trasferito a Palermo nell’agosto scorso dopo essere scappato, a febbraio, segando le sbarre di una cella del carcere di Parma. Anche allora si era servito di una corda fatta con le lenzuola. Fu rintracciato in un paesino della provincia milanese. Assieme a lui era fuggito anche Taulant Toma, un rapinatore di 29 anni, beccato poi in Belgio. Di Frokkaj, invece, non c’è più traccia. Ci fu un momento che le microspie piazzate nel ventre di Palermo sembrò che captassero qualcosa. Nulla di fatto.