CATANIA – “Non rispondo”. Dura una manciata di minuti l’udienza del processo d’appello scaturito dall’inchiesta Brotherhood. Il teste, presunta vittima di un’estorsione, sceglie il silenzio. Una facoltà che gli è concessa in quanto è imputato per falsa testimonianza per le dichiarazioni rese nel dibattimento di primo grado. La sua citazione è legata a una estorsione oggetto del ricorso del pm a seguito dell’assoluzione proprio per quella contestazione. La Corte d’Appello congedando il testimone ha fissato la prossima udienza per il 9 marzo quando ci sarà la requisitoria del pg Angelo Busacca. Non è certo un processo semplice. Al centro la figura di Aldo Ercolano, figlio di Iano, e una serie di relazioni criminali con una loggia massonica. In primo grado, però, una parte dell’impianto accusatorio è crollato. Il Tribunale di Catania ha infatti emesso una serie di assoluzioni per turbativa d’asta ed estorsione che sono state impugnate dalla Procura. Precisamente i pm hanno fatto ricorso per le posizioni di Francesco Rapisarda, Adamo Tiezzi, Antonino Finocchiaro e Christian Puglisi. Hanno anche impugnato la sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell’avvocato Antonio Drago. Il Tribunale, infatti, aveva derubricato il reato da estorsione ad esercizio arbitrario e aveva condannato il legale solo per usura. Contestazione al centro dell’appello della difesa. Anche i difensori di Aldo Ercolano e Giuseppe Finocchiaro hanno fatto ricorso dopo la condanna dei due imputati.
L'inchiesta che scoperchiò le relazioni sospette di Aldo Ercolano, figlio di Iano. Il processo di secondo grado.
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