PALERMO – Il presidente della Regione si dice convinto di averla abolita. Ma quella che una volta era chiamata “Tabella H” è più viva che mai. E non smette di far discutere, di sollevare polemiche. Tra tagli poco “lineari” e valutazioni troppo superficiali, la gestione dei fondi destinati ad associazioni, fondazioni che svolgono attività culturale, sta creando anche qualche crepa nella giunta di Crocetta. Dall’assessorato al bilancio sarebbe partita una nota con la segnalazione di alcune discriminazioni ad alcuni enti. Mentre anche l’assessore al Turismo Cleo Li Calzi ha lamentato l’esclusione dell’Autodromo di Pergusa. E adesso qualcuno di questi enti, dopo decenni, ha anche minacciato di sospendere le attività.
Il bando per l’assegnazione dei contributi è stato pubblicato a ottobre e adesso è il momento di stilare le graduatorie, assessorato per assessorato, per assegnare i fondi. Fondi che la Regione ha dovuto notevolmente ridimensionare, scendendo dai 16 milioni di euro inizialmente previsti a 10 milioni di euro. Con una delibera della giunta del 17 dicembre scorso, infatti, l’amministrazione regionale ha fatto sapere che “considerato che la disponibilità finanziaria totale, pari a 10 milioni di euro, non risulta sufficiente per la copertura di tutte le richieste di contributi in favore di enti, associazioni, fondazioni da parte della Regione siciliana, l’amministrazione regionale ha deciso di ridurre in percentuale l’importo stimato dalle competenti commissioni dipartimentali”.
E da qui si è scatenato il caos, in particolare perché – denunciano le associazioni e gli enti coinvolti – le commissioni dei diversi assessorati hanno operato tutte in maniera differente l’una dall’altra, nonostante il bando stabilisse dei criteri univoci e oggettivi per la creazione delle graduatorie. E i problemi sono sorti al momento delle assegnazioni dei contributi. Ci sono stati assessorati, infatti, che hanno, a monte, assegnato contributi ridotti. È il caso, per esempio, dell’assessorato per i Beni culturali, guidato da Antonio Purpura.
L’anno scorso quell’assessorato aveva subito una decurtazione delle somme assegnate da 3,5 milioni a 1,6. Quest’anno il governo di Rosario Crocetta, con l’opposizione di alcuni assessori, è orientato ad apportare altri tagli di circa il 35 per cento. Contro questa prospettiva si sono ora schierate le undici istituzioni tra cui le Fondazioni Leonardo Sciascia, Ignazio Buttitta, Piccolo e Gaetano Costa, i musei Mandralisca e Antonio Pasqualino (marionette), l’istituto Gramsci siciliano, il centro Pio La Torre, il centro Sturzo. “Le istituzioni culturali siciliane – si legge in un documento congiunto – versavano già in condizioni molto critiche. La nuova manovra ipotizzata dal governo regionale, che comporterebbe un’altra drastica riduzione dei finanziamenti, assesterebbe un colpo mortale a musei, archivi storici, gallerie, biblioteche, fondazioni e istituti di ricerca. Senza un sostegno adeguato e nell’incertezza di potere riscuotere in tempi utili il contributo per il 2014, sono quindi costretti ad annunciare sin da ora la chiusura con grave danno per la cultura e per l’immagine della Sicilia”.
Quando la giunta ha deciso di ridurre i fondi totali, infatti, operando un taglio lineare e indifferenziato ai finanziamenti di tutti gli assessorati, chi aveva già ridotto le proprie disponibilità si è ritrovato con il budget ridotto due volte. Come nel caso dell’assessorato per i Beni culturali, appunto, che dal milione e 600 mila euro che aveva considerato nelle proprie disponibilità si è ritrovato con fondi ridotti a 900 mila euro. Purpura, infatti, ha fatto sapere che presenterà la questione nella giunta di lunedì mattina per cercare di risolvere il problema.
Ma i problemi non sono solo legati alla riduzione dei finanziamenti. A destare molti dubbi sono anche le valutazioni portate avanti dalle varie commissioni istituite nei dipartimenti. Anche in questo caso, la conseguenza immediata sembra la chiusura di storiche istituzioni culturali.
Quelle valutazioni ad esempio, nel giro di un anno, sono mutate in maniera radicale. Per qualcuno incomprensibile. È il caso del Centro di studi filologici e linguistici siciliani, l’anno scorso non solo incluso tra gli enti “meritevoli” di finanziamento, ma addirittura, valutazioni alla mano, il Centro era il migliore di tutti. E invece, quest’anno, è addirittura finito fuori dall’elenco dei finanziamenti. Una scelta che ha portato la dirigenza dell’ente ad annunciare le dimissioni “di massa”, messe nero su bianco in una lettera inviata all’assessore Purpura: “La esclusione del Centro di studi filologici e linguistici siciliani – scrive il presidente Giovanni Ruffino – è un atto assai grave che colpisce una istituzione che fa onore alla Sicilia. Posso qui riconfermare che l’ampia documentazione trasmessa è ineccepibile in ogni sua parte, e ripropone esattamente l’assetto dello scorso anno, quando al Centro venne correttamente attribuito il massimo punteggio e il primo posto nella graduatoria. Oltre tutto, dalle 57 pagine della relazione emerge una attività (scientifica, editoriale, formativa, promozionale), qualitativamente e quantitativamente imponente, realizzata ininterrottamente dal 1951 grazie all’impegno volontario e gratuito dei Soci italiani e stranieri. È assai difficile, dunque, comprendere come una Commissione, istituita dall’Assessorato dei Beni con il compito di valutare l’attività delle culturale delle associazioni meritevoli di sostegno, abbia potuto assumere una così culturali inesplicabile decisione. Questa inopinata esclusione avrà gravi conseguenze”. E le conseguenze, come detto, sono innanzitutto quelle delle dimissioni il del Consiglio direttivo, del Consiglio scientifico, del Collegio dei responsabili editoriali annunciano. In conseguenza di ciò, il Centro di studi filologici e linguistici siciliani sospende la propria attività”. E al fianco del Centro studi si sono schierate già decine di professori, presidi delle facoltà di Lettere di mezza Italia, studiosi stranieri. Se ne riparlerà lunedì in giunta. Quando il governo dovrà di nuovo mettere mano ai conti. E decidere cosa destinare alla cultura.