«La verità è che purtroppo il manicomio, la follia, la camicia di forza, i matti pericolosi, incurabili e imprevedibili, esistono ancora, e vivono tra di noi, nelle nostre teste spesso piene di pregiudizi. Lo stigma e la discriminazione sulla malattia mentale oggi sono ovunque: tra grandi e piccoli, edotti e ignoranti, nelle famiglie, nelle strade, nei locali, nelle scuole. [..] Finché nelle nostre teste ci saranno ‘matti da legare o matti da evitare’ il mondo della disabilità mentale ci farà inutilmente paura». (Liliana Cannavò)
Non è vero che in Italia i manicomi non esistano più. Se quelli in mattoni e cemento – per fortuna – sono stati superati negli anni Settanta grazie alla legge Basaglia, altri sopravvivono tra pareti che non si possono abbattere, quelle dell’ignoranza e del pregiudizio. È il messaggio che la psicologa e psicoterapeuta catanese, Liliana Cannavò, affida al libro Non chiamatemi matta, edito da Bonfirarro, in libreria e negli store online a partire dal 15 luglio.
Il libro sarà presentato giovedì 14 luglio alle ore 20.00 presso l’hotel Nettuno di Catania. Insieme all’autrice Liliana Cannavò interverranno l’editore Salvo Bonfirraro e la giornalista Maria Torrisi, e sarà ascoltata la testimonianza di Cristina. A moderare l’incontro il giornalista di FocuSicilia Valerio Musumeci.
Il volume affronta con forza e delicatezza il tema del disagio mentale, attraverso la storia di Adelina Parodi, una donna alle prese con un disturbo bipolare che agli occhi aridi e impreparati della società si trasformerà in una – inesistente – forma di pazzia.
Un pregiudizio che non è purtroppo soltanto narrativo. Come Cannavò mette in chiaro sin dalle prime pagine, in molte realtà il disagio mentale è considerato ancora oggi «un marchio di vergogna e disgrazia che porta a escludere l’individuo dai contesti sociali». Uno stigma, per usare un termine caro alla psicologia, che scandisce l’intero percorso di vita di Adelina, alle prese con situazioni complicate e spaventata dal giudizio degli altri, e sopratutto dalla prospettiva di ritrovarsi ai margini della società – condannata dalle definizioni crudeli che ha imparato a conoscere.
«Lei per tutti era solo la bipolare, o “la matta del secondo piano” o peggio ancora “l’esaurita”. In altre parole, quella da compatire, assecondare, e affidare alle mani di Dio per la sua salvezza. Uno stigma terrificante, il solo e l’unico capace di toglierle la gioia di vivere, e trasformarla in una cerbiatta impotente».
La protagonista – il cui vero nome è Ione, che l’autrice accosta alla depressione, mentre il nome d’adozione Adelina è associato all’adrenalina, a dimostrare come la bipolarità possa essere, talvolta, un destino – si troverà a vivere molteplici situazioni, su tutte l’amore travolgente per un uomo musulmano, le cui sensazioni scorrono magistralmente dalla penna di Cannavò. Dopo non poche traversie, legate proprio alla condizione psicologica della protagonista e al contesto in cui si muove, la storia approderà a un epilogo felice.
Frutto della sfida vinta con i propri demoni e una società gretta e perbenista, grazie al coraggio che ricorre lungo tutto il libro come un’esortazione alla speranza e alla possibilità di costruire un futuro migliore, nonostante tutto e tutti. E nonostante le proprie difficoltà, che solo attraverso la consapevolezza di sé – e la vicinanza di persone care, impermeabili ai pregiudizi – possono essere superate.
«L’esperienza vissuta da tutto il mondo negli ultimi due anni ha accresciuto la sensibilità nei confronti dei problemi della mente e l’urgenza di testi che aiutino ad affrontarli», dice l’editore Salvo Bonfirraro. «Da questo punto di vista, il contributo di una professionista come Liliana Cannavò è particolarmente importante, perché avvicina una disciplina a lungo appannaggio di pochi eletti alla coscienza collettiva. Il tutto attraverso una scrittura limpida ma ricca di sfumature, capace di restituire la complessità dei sentimenti dei protagonisti, che rimarranno nel cuore dei lettori».