L'inchiesta sul petrolio e la Sicilia | I timori dei "siracusani di Viggiano" - Live Sicilia

L’inchiesta sul petrolio e la Sicilia | I timori dei “siracusani di Viggiano”

Gli operai aretusei impiegati in Basilicata: "Dopo l'indagine, l'attività è stata sospesa".

Il "caso Guidi"
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SIRACUSA – Niccolò ha 6 anni e ha imparato a riconoscere “Viggiano” sulla cartina geografica. La indica con fierezza e se qualcuno beffardamente gli chiede “ma dov’è?”, lui col braccio fa il segno della forza e risponde “Potenza”. Niccolò è siracusano e ha imparato a riconoscere e a fare vanto di questo luogo ameno della Basilicata perché è lì che papà va a sudarsi il pane.

Ce ne sono 400 di papà siracusani come quelli di Niccolò, che negli ultimi due anni hanno avuto a che fare con il Centro Oli di Viggiano. È l’altro filo rosso che lega la provincia di Siracusa alla vicenda che in queste ore sta turbando pure gli equilibri di governo: l’inchiesta su reati ambientali legati alle attività di produzione di idrocarburi in Val d’Agri, con l’intercettazione dell’oramai ex ministro Guidi con il compagno – l’imprenditore siracusano e commissario dimissionario della sezione locale di Confindustria, Gianluca Gemelli – sulle rassicurazioni circa l’emendamento che avrebbe sbloccato altri investimenti petroliferi, per la francese Total.

Eni, a causa dell’inchiesta che vede 6 arresti e 60 indagati, alcuni dei quali sono suoi esponenti, ha sospeso l’attività produttiva in Val d’Agri. Ed è questo a preoccupare gli operai siracusani e i vertici Fiom. Viggiano è uno dei siti in cui si sta ricollocando una parte dei 5mila metalmeccanici della provincia di Siracusa. Una forza lavoro specializzata negli anni della industrializzazione e che oggi vive una crisi senza precedenti: “In provincia c’è posto per 2mila – spiega il segretario provinciale Fiom Sebastiano Catinella – mentre gli altri vanno fuori. Viggiano è un’opportunità per tante famiglie siracusane che vivono nella speranza di essere richiamate”. A giro, in tanti sono già stati lì: di 400 operai siracusani l’Eni ha avuto bisogno per costruire i suoi impianti in Basilicata fino allo scorso dicembre. Sono tutti della Irem, azienda dell’indotto. “Adesso l’attesa era tanta – prosegue il segretario Fiom – anche per chi ha lavorato lì per un periodo e sperava di tornare. O per chi sperava di andarci per la prima volta. Si tratta di maestranze qualificate, che sul posto non si trovano. Il 90% sono tutti operai specializzati: saldatori, carpentieri, montatori del settore industriale. Viggiano per loro è un’opportunità. La nostra è una provincia in crisi nel settore metalmeccanico – continua Catinella – questi operai oggi contano solo su questo tipo di opportunità. Qui il lavoro è poco, nella zona industriale investimenti non se ne fanno, manutenzione nemmeno. Sono 5mila e il lavoro c’è solo per 2mila: 3mila sono in esubero e si muovono in base alle opportunità come questa o fanno cassa integrazione e mobilità”.

In città, nel frattempo non si fermano le reazioni sulla vicenda che ha coinvolto il commissario (ora dimissionario) della Confindustria locale, Gianluca Gemelli. L’invito più radicale all’associazione degli industriali è quello che arriva da Fabio Granata, responsabile oggi del Comitato referendario contro le trivellazioni marine #labellezzanonsitrivella: “Rompere la lobby legata alla grande industria – dice – e produrre una svolta significativa, indicando un imprenditore interprete del nuovo modello di sviluppo legato a cultura, turismo, agricoltura, energie alternative alla guida della loro associazione”.

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