Chi glielo fa fare? A Piero Grasso, come a Giancarlo Cancelleri, a Nello Musumeci e a chiunque vorrà provarci davvero. Perché correre verso la guida di questa Regione? Perché scegliere di assumersi il peso della grave eredità che Rosario Crocetta e chi lo ha sostenuto in questi anni stanno lasciando in dote?
Eccola, l’eredità. La racconteremo per porzioni. A puntate. Come una guida da lasciare al presidente che verrà. O a chi, semplicemente, vorrà provarci. La fotografia di questi quattro anni e mezzo che lasciano un segno chiarissimo: non si è compiuto un passo in avanti. Anzi, in qualche caso, la Sicilia è in condizioni peggiori di quelle – già pessime – che ha trovato il governatore uscente. Dai rifiuti agli enti locali, dalla Formazione agli equilibri politici: oggi l’Isola è un cumulo di macerie.
Le ultime, sono quelle su cui nelle ultime ore in tanti hanno indirizzato i propri riflettori: addetti ai lavori, parti sociali, diretti interessati: da un lato la tragicomica gestione della vicenda rifiuti, con un piano sui termovalorizzatori fermo e con la differenziata a livelli imbarazzanti e persino gettata insieme al resto della monnezza per l’assenza degli impianti di compostaggio; dall’altro, la storia delle ex Province siciliane, con le drammatiche notizie che giungono da Siracusa: ente a un passo dal default e dipendenti pronti a gesti eclatanti. Disastri su disastri.
In due assessorati, quelli dell’Energia e delle Autonomie locali, dove non sono mancate le solite polemiche e le solite liti, i rimpasti e i cambiamenti in corsa. Un caos che ha ovviamente contribuito ai risultati imbarazzanti e a volte tragici che sono sotto gli occhi di tutti e persino nei documenti ufficiali degli organismi di controllo come la Corte dei conti. E dire che a capo dell’assessorato che si occupa di Acque e rifiuti Crocetta aveva piazzato una “certezza” e una “nuova certezza”. Ma le esperienze dell’ex pm Nicolò Marino e quella dell’animatore del Megafono toscano Salvatore Callari si estingueranno nel primo caso tra le liti (con al centro l’influenza della Confindustria siciliana sulle scelte del governo), nel secondo in un sostanziale nulla di fatto. L’avvento di Vania Contrafatto, altro ex pm (come se fosse quella la garanzia di buoni risultati amministrativi), non ha di certo sgombrato il campo dalla confusione. Fino ai giorni nostri: il caos. Al quale si aggiungono le nuove tensioni tutte interne: il dirigente generale dell’Energia Maurizio Pirillo, considerato forse più vicino al governatore Crocetta che alla Contrafatto, dal primo agosto dovrà levare le tende: trasferito alle Autonomie locali. Proprio lì.
E non va meglio altrove. Tanti operatori della Formazione professionale, ad esempio, da mesi scrivono a questo giornale: lamentano lo stallo in cui il governo ha portato questo settore che una volta dava lavoro a tanti (certamente troppi) addetti. Ma da due anni e più, i corsi di formazione di fatto non partono, nonostante la vertigine che ha portato l’assessorato dalla guida della giovane studentessa Nelli Scilabra all’esperto “politico” Bruno Marziano. Tra Avviso banditi e presto revocati, sotto una pioggia di ricorsi al Tar e al Cga che rischia di mandare tutto all’aria, dietro gli annunci e le rassicurazioni, ancora nulla: tutto fermo. E l’ultimo “vero” bando utilizzato da questa Regione ha come padri il dirigente generale torinese Ludovico Albert e l’assessore di Lombardo Mario Centorrino: c’è la loro firma sull’Avviso 20. Il Piano giovani che verrà dopo non è stata altro, infatti, che una riedizione di quello.
Tutto fermo. Come nella Sanità siciliana dove, tra una Rete ospedaliera che finisce per impigliarsi nella burocrazia e i concorsi che non partono, le uniche attività degne di nota risultano le solite “guerre” per le poltrone dei manager di Asp e ospedali siciliani. Il segno di una politica interessata più a quello che al reale funzionamento della macchina. E i partiti oggi appaiono senza forza, nè testa. Ne è un esempio la “lite” tra il capogruppo all’Ars del Partito democratico Alice Anselmo e addirittura il vicecapogruppo sempre del Pd Giovanni Panepinto sui pareri resi dalla prima commissione di Palazzo dei normanni proprio sulle nomine dei commissari della Sanità.
La fotografia della lacerazione di una politica che è il frutto, anche, dell’assenza di un progetto vero: un fallimento che coinvolge tutti, Crocetta compreso ma non da solo, e che questa classe lascia al governatore che verrà. E se sarà Grasso, con questo Pd dovrà discutere, e con queste forze di maggioranza che non riescono nemmeno a garantire da quasi tre mesi il numero legale a Sala d’Ercole.
Eccola l’eredità di questi cinque anni, che racconteremo passo dopo passo. Un “peso” che in qualche caso è persino quantificabile. Anche lì, tra le pieghe di un bilancio per certi versi ripulito e migliorato, il lascito più drammatico: otto miliardi di indebitamento. Cresciuto, solo con Crocetta, stando ai dati della Corte dei conti, del 47 per cento. Che si traduce in un debito, sulle spalle di ogni siciliano (anche di quelli che nasceranno da oggi in poi) di 1.500 euro. Ecco, in effetti qualcosa in questi cinque anni è cambiato. In peggio. Chi vorrà governare la Sicilia, se vuole, può prendere appunti.