Lo chef Mario Di Ferro patteggia 4 anni ed esce dal processo per droga - Live Sicilia

Lo chef Mario Di Ferro patteggia 4 anni ed esce dal processo per droga

Tutti gli altri imputati scelgono l'abbreviato

PALERMO – Mario Di Ferro chiude la sua vicenda giudiziaria. Lo chef ha patteggiato davanti al giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta una condanna a quattro anni di carcere per detenzione e spaccio di droga. Gliene restano da scontare tre e mezzo dopo il periodo di carcerazione patita durante le indagini preliminari.

La strategia difensiva di Mario Di Ferro

L’avvocato Claudio Gallina Montana chiederà per il suo cliente l’affidamento in prova. Al momento Di Ferro, che ha seguito un percorso di disintossicazione dalla droga, ha l’obbligo di rientrare a casa dalle 21 fino all’indomani mattina. Il procuratore aggiunto Paolo Guido e il sostituto Giovanni Antoci hanno dato parere favorevole al patteggiamento che prevede anche il pagamento di 20.000 euro di multa.

Gli altri imputati

Gli altri imputati hanno scelto il rito abbreviato. Prima udienza il 6 marzo. Si tratta dei fratelli Salvatore e Gioacchino Salamone (sono in carcere). Sarebbero stati loro a fornire la cocaina a Di Ferro: ventinove le cessioni di cocaina immortalate nelle foto degli investigatori della squadra mobile appostati davanti al ristorante Villa Zito in via Libertà. Sotto processo anche tre ex dipendenti: Gaetano Di Vara, Giuseppe Menga e Pietro Accetta. La loro è la posizione meno pesante. Rispondono di pochi episodi di spaccio in concorso con Di Ferro.

L’inchiesta

Di Ferro ha confessato di avere ceduto la droga, ma ha negato con forza di essere uno spacciatore. Spiegò di avere fatto un favore ad alcuni amici e di certo non per soldi. Fra gli amici anche il deputato regionale Gianfranco Miccichè. “Come ho sempre detto è capitato che acquistassi droga da Di Ferro, sempre e solo cocaina”, raccontò l’ex presidente dell’Ars sentito come persona informata sui fatti.

Mario Di Ferro, le intercettazioni

Nelle intercettazioni sono rimaste impresse anche le voci dei dipendenti del ristorante. “Senti allora, dovrebbe venire ora Totò (Salvatore Salamone, considerato il fornitore della cocaina, ndr), okay?… ti deve dare tre cose…”, diceva il ristoratore a Menga. Che poco dopo rispondeva: “… l’ho io ancora i soldi in tasca”. “Devi chiamare agli amici… perché sono, sono tre a cena… e viene alle otto e mezza, quello là di fuori, Modica, capito chi è? Quello… l’occhialino … va bene?”, spiegava in un’altra conversazione Di Ferro ad Accetta. Di Vara e Menga spiegarono di essere convinti che stessero trasportando cibo e bottiglie di vino destinati a Miccichè. Mai avrebbero immaginato che ci fosse anche della droga. Accetta, invece, scelse di avvalersi della facoltà di non rispondere.


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