Lo scandalo del caro estinto |Pressioni per il trasporto defunti - Live Sicilia

Lo scandalo del caro estinto |Pressioni per il trasporto defunti

Parlano i medici dell’ospedale acese, testi dell’accusa nel processo sulle presunte estorsioni al nosocomio.

 

Il processo
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CATANIA. Erano quotidiane le pressioni subite dai medici all’interno del pronto soccorso dell’ospedale “Santa Marta e Santa Venera” di Acireale per ottenere prestazioni sanitarie per amici e parenti. A chiederle soprattutto i fratelli Giuseppe e Salvatore Costa, l’uno titolare dell’associazione “Il Gabbiano” e l’altro addetto alle pulizie, che non si facevano alcun scrupolo ad entrare nelle stanze dei medici, anche mentre erano in corso le visite ai pazienti, per sollecitare l’intervento sanitario ed evitare così le estenuanti file. Richieste il più delle volte subito evase per farli allontanare. Questo quanto emerso nel corso dell’udienza del processo che vede alla sbarra, con l’accusa a vario titolo di estorsione e violenza privata aggravati dal metodo mafioso, Cirino Cannavò, Camillo e Vincenzo Brancato, Giuseppe e Salvatore Costa, Stefano Sciuto e Calogero Polisano.

A salire sul banco dei testimoni dell’accusa il dirigente medico Sebastiano Raneri, allora in servizio al pronto soccorso del nosocomio acese, e Daniele D’Arrigo, responsabile del personale dello stesso presidio ospedaliero tra il 2006 ed il 2008. Incalzati dalle domande del pubblico ministero Alessandro Sorrentino, i testi hanno raccontato le condizioni in cui si lavorava all’interno del pronto soccorso, ridotto ad un vero e proprio porto di mare. Pur essendo un’area esclusivamente riservata a medici e paramedici, al suo interno vi stazionava anche il personale di associazioni che offrivano servizi di trasporto in ambulanza dei pazienti, esercitando in alcuni casi non poche pressioni sui parenti.

Ma cosa ancor più sconcertante, almeno in un caso sarebbe stato consentito il trasporto fuori dall’ospedale di pazienti deceduti al pronto soccorso. Attività non consentita dal regolamento, che però poteva essere aggirato con un referto che invece di certificare il decesso attestava le gravi condizioni di salute del paziente. Quando Daniele D’Arrigo avrebbe iniziato ad opporsi fermamente al malcostume, così racconta il teste, avrebbe subito danni all’automobile nel parcheggio dell’ospedale. Un atto probabilmente riconducibile a quei rifiuti.

Entrambi i medici, però, hanno negato di aver ricevuto minacce implicite. Solo allusioni, così le ha definite D’Arrigo. “Stia attento a dove va” o “Stia attento a dove lascia l’auto”, frasi considerate dal teste all’ordine del giorno all’interno di una struttura come il pronto soccorso. Il pm ha chiesto al tribunale l’acquisizione dell’album fotografico utilizzato per il riconoscimento visivo e le lettere inviate da Daniele D’Arrigo alla direzione sanitaria del nosocomio per denunciare quanto accadeva. Nella prossima udienza, fissata per il 3 maggio, saranno sentiti altri sei medici.

 

 


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