PALERMO – Alcune arrivano al pronto soccorso con lividi e ferite, spesso clinicamente più gravi di quelli subiti nell’era pre Covid. Altre trovano il coraggio, finalmente, di raccontare l’incubo che da tempo le tormenta e che durante il lockdown le ha fatte totalmente sprofondare nell’inferno. Sono le donne che hanno pagato le conseguenze più dolorose dell’isolamento, sia fisicamente che psicologicamente. Sono le stesse che, già in preda alla paura, sono state costrette al silenzio perché chiuse in casa con il proprio aggressore. Mariti e compagni diventati nemici, che agiscono con violenza anche in presenza dei figli minori e che nel periodo in cui le restrizioni erano più severe sono stati denunciati sempre meno.
La rete antiviolenza
“Un silenzio di cui si cominciano a vedere i tristi risultati, ormai da un mese a questa parte”, spiega la dottoressa Margherita Plaja, responsabile del centro ‘Armonia’, all’interno del dipartimento Salute della donna e del bambino dell’Asp. “Aumentano gli accessi al pronto soccorso e alla rete antiviolenza di Palermo giungono adesso più casi. La nostra collaborazione con altri servizi sanitari, con le forze dell’ordine e la procura, ci permette di evidenziare questo fenomeno: molte vittime non hanno avuto la possibilità di chiedere aiuto in seguito alla convivenza forzata col proprio aggressore e alla paura del contagio all’esterno, ma per fortuna i servizi che abbiamo attivato durante l’emergenza si sono rivelati utili”.
Come chiedere aiuto
La dottoressa parla del numero verde messo a disposizione dall’Asp durante il lockdown. Oltre a quello nazionale, il ‘1522’ istituito dal Dipartimento per le Pari Opportunità, a Palermo è operativo l’800397363. “Non abbiamo abbassato la guardia – spiega la responsabile del centro – abbiamo anzi fornito strumenti in più alle donne in difficoltà. Al numero verde abbiamo affiancato un numero di cellulare a cui rivolgersi anche con un semplice messaggio Whatsapp, condividendo l’iniziativa con Confcommercio Palermo che ci ha permesso di promuovere il progetto con materiale informativo che abbiamo cercato di diffondere il più possibile. Le chiamate stanno adesso aumentando, il nostro primo obiettivo è mettere in sicurezza chi si trova in pericolo, bambini compresi. La denuncia è solo un punto di arrivo – precisa Plaja – la priorità è attivare la rete di protezione. Soltanto dopo è possibile iniziare un percorso di terapia per aiutare le vittime ad uscire dall’incubo”.
Il ‘codice rosso’
L’emergenza Covid, che ha reso necessaria la sospensione dei servizi in presenza, ha quindi contribuito a un calo delle segnalazioni. Eppure, già lo scorso anno, il numero delle chiamate era aumentato del 40 per cento: “Il bilancio è di trecento colloqui da aprile a dicembre del 2019, con una positiva escalation dell’accesso spontaneo. Ogni caso viene attentamente valutato e indirizzato al percorso più adatto. Dal punto di vista giudiziario, è il ‘codice rosso’ a darci una grande mano”, precisa. Si tratta della legge che introduce una corsia preferenziale per le denunce, e per rendere più rapide le indagini obbliga i pubblici ministeri ad ascoltare le vittime entro tre giorni.
E dopo il lockdown sono aumentati i fascicoli di cui dovrà occuparsi il pool ‘fasce deboli’ della Procura di Palermo, coordinato dal procuratore aggiunto Annamaria Picozzi: le denunce sono già più di dieci al giorno. Un aumento che da maggio si verifica anche alla Procura di Catania, dopo un calo, durante l’emergenza Covid, arrivato al 37 per cento per le denunce di maltrattamenti in famiglia e addirittura al 53 per cento per lo stalking. “Una situazione sicuramente provocata dalla convivenza forzata – spiega il procuratore aggiunto Marisa Scavo, che coordina il pool specializzato nel delicatissimo settore – e che anche nel nostro territorio ha tolto libertà e spazi alle vittime hanno avuto maggiore difficoltà a rivolgersi alle forze dell’ordine”.
Le donne uccise in Sicilia
E, da un capo all’altro della Sicilia, lo scenario non è purtroppo confortante. Basti pensare che dall’inizio dell’anno nell’Isola sono già cinque i femminicidi. L’ultimo a Lentini, in provincia di Siracusa, dove la 39enne Giuseppina Ponte è stata uccisa dall’uomo che accudiva, un 82enne. In pieno lockdown, era la notte del 31 marzo, la giovane studentessa di medicina, Lorena Quaranta, è stata uccisa dal fidanzato: vivevano insieme da alcuni mesi a Messina e avevano deciso di trascorrere insieme la quarantena. A fine gennaio, l’omicidio di Rosalia Garofalo a Mazara del Vallo, nel Trapanese: la donna aveva 54 anni e in passato aveva già denunciato il marito violento. A gennaio anche il delitto di madre e figlia, in provincia di Caltanissetta: Rosalia Mifsud e la figlia, Monica Diliberto, sono state uccise dal compagno della donna. E più di dieci arresti, nell’Isola, sono già scattati per vari episodi di maltrattamenti in famiglia: l’ultimo a Partinico, nel Palermitano, dove un 43enne è aveva aggredito per l’ennesima volta la moglie. Lo ha fatto davanti ai figli che stavolta hanno chiamato i carabinieri e spinto la madre a raccontare ciò che subiva.
La cabina di regia
Intanto l’assemblea regionale ha approvato il disegno di legge relativo alle nuove norme di contrasto al fenomeno della violenza di genere e alle misure di solidarietà in favore delle vittime di crimini domestici e loro familiari. Tra le misure introdotte l’istituzione della cabina di regia che avrà il compito di definire in modo coordinato tutte le iniziative di prevenzione, assistenza, intervento, superamento degli episodi previste dalle iniziative di contrasto al fenomeno, oltre alla vigilanza sull’attuazione dei protocolli di intervento.