Lombardo e l'archiviazione | Ecco cosa c'è nelle carte - Live Sicilia

Lombardo e l’archiviazione | Ecco cosa c’è nelle carte

La richiesta dei pm
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La data è quella del 26 ottobre 2011 e il documento – la richiesta di archiviazione per il concorso esterno – di circa 30 pagine porta la firma dell’allora reggente della Procura di Catania Michelangelo Patanè e del coordinatore della DDA Carmelo Zuccaro. I due pubblici ministeri hanno agito rispettando l’auspicio contenuto nella delibera del Csm datata 21 settembre dove si raccomandava di sottoporre al controllo giurisdizionale quei “fatti che non risultino inclusi nella nuova qualificazione giuridica privilegiata dal procuratore della Repubblica”. Nel preambolo si parla anche del reato di “corruzione elettorale”, comunemente denominato “voto di scambio” per il quale Raffaele e Angelo Lombardo sono già imputati. La prescrizione cadrà nel mese di aprile del 2014, ma i termini sono stati prolungati di oltre un anno e sei mesi in seguito all’emissione del decreto di citazione a giudizio che ha fissato l’udienza per il prossimo 14 dicembre.

Dopo una parte introduttiva i pm Carmelo Zuccaro e Michelangelo Patanè procedono ad una ricognizione degli elementi probatori a carico dei fratelli Lombardo partendo dalle intercettazioni del capomafia Vincenzo Aiello e del geologo autonomista Giovanni Barbagallo. Sotto la lente ci sono le conversazioni sul presunto contributo elettorale della famiglia Santapaola a sostegno della campagna elettorale del 2008, il commento dell’ingresso in giunta dei due magistrati della DDA, e il dialogo sul sostegno elettorale ad Angelo “e quindi -sottolineava il capomafia Aiello- di conseguenza anche a lui”, riferendosi a Raffaele Lombardo. “Le tre predette conversazioni -scrivono i pm Zuccaro e Patanè- evidenziano come nel patrimonio di conoscenze comune a vari associati del clan Santapaola, oltre che allo stesso rappresentante provinciale etneo di Cosa Nostra, vi fosse la consapevolezza del fatto che in occasione delle concomitanti elezioni politiche e regionali del 2008, i due fratelli Lombardo avessero “cercato i voti”, cioè richiesto il sostegno degli esponenti anche di vertice del loro sodalizio criminale e che addirittura per sostenere la campagna elettorale dei Lombardo il clan Santapaola avesse speso le somme di denaro non irrilevanti. Al contempo si registra la rabbia degli stessi associati per il comportamento di chiusura tenuto da Lombardo Raffaele, che si era reso inavvicinabile da parte loro, deludendo così le loro aspettative e che addirittura aveva inserito nella giunta di governo “due della DDA di Palermo…per pararsi il culo”.

Le intercettazioni tra Salvatore Politino e il “boss” di Palagonia Rosario Di Dio sarebbero “indizianti di una ricerca da parte di Lombardo Raffaele dei voti di esponenti di clan mafiosi”, ma, sottolineano i pm Zuccaro e Patanè, “se può ritenersi che vi siano stati episodi di sollecitazione diretta da parte dei fratelli Lombardo del sostegno elettorale del Di Dio…tali episodi non possono ritenersi successivi al 2004 e sul loro preciso svolgimento sussistono delle incertezze”. I pm confermano l’esistenza delle intercettazioni “da cui emergono i rapporti tra i fratelli Lombardo e Barbagallo Giovanni, che però all’epoca dei fatti era incensurato, riguardanti il sostegno ad alcune candidature all’interno del partito Mpa”.

Vengono ripercorse le intercettazioni con l’ex assessore regionale Rossana Interlandi “nella quale il Barbagallo rappresenta alla Interlandi che Lombardo Raffaele due giorni prima gli aveva chiesto di interessarsi in favore di quest’ultima, che era candidata alla carica di sindaco per il partito Mpa…”, le intercettazioni per il sostegno in favore di Filippo Rasà, autonomista di Mirabella Imbaccari, la candidatura approvata dal boss Vincenzo Aiello del genero di Alfio Stiro alle comunali di Gravina.

Sotto la lente anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tutte pubblicate nel numero di “S” attualmente in edicola, tranne una inedita, che è contenuta nella richiesta di archiviazione; è tratta dal verbale del pentito Eugenio Sturiale “che in passato -scrivono i pm- aveva militato nel clan Santapaola e che successivamente era transitato nel clan Cappello e dopo ancora in quello Laudani”. Sturiale ha dichiarato ai pm “di aver assistito tra la fine del 2007 e gli inizi del 2008 ad un colloquio tra tale Antonio Zappalà, autista di Raffaele Lombardo, e Orazio Buda, parente di Orazio Privitera, affiliato al clan Cappello, colloquio durante il quale il primo aveva assicurato il Buda che lui e Raffaele Lombardo si sarebbero ricordati di quello che il Privitera stava facendo per loro”.

E poi le dichiarazioni di Di Gati, ma anche i lunghi verbali del pentito Gaetano D’Aquino con la novità che si parlava dei posti di lavoro nella cooperativa “Il Solco”, ove “lavoravano pregiudicati che non sottostavano ad alcuna regola che consentisse il loro controllo sul posto di lavoro”. Di queste cose Giampiero Salvo, figlio di “Pippo u carruzzeri”, prima esponente del clan Savasta e poi transitato nel clan Cappello, avrebbe parlato con D’Aquino, con Orazio Privitera, con Sebastiano Lo Giudice e con Giovanni Colobrita, ma senza specificare quali fossero i vantaggi per il clan Santapaola e quali per il clan Cappello in cambio del sostegno ai Lombardo alle elezioni del 2008”.

I pm evidenziano che secondo D’Aquino “il clan Santapaola si era molto impegnato nella campagna elettorale per favorire l’elezione di Lombardo Raffaele alla presidenza della Regione”, e che “era assolutamente certo che Angelo Lombardo è amico di tutta la malavita di Catania…Raffaele Lombardo non mi sento di dire che è amico della malavita di Catania, Angelo Lombardo al 101%”. D’Aquino parla anche di una cena tra malavitosi per promuovere il sostegno di Raffaele Lombardo alla presidenza della Regione. E poi una lunga disanima delle sentenze della Cassazione, a partire da quella a favore del deputato Calogero Mannino, sul concorso esterno in associazione mafiosa.

LE CONCLUSIONI. I pm Michelangelo Patanè e Carmelo Zuccaro ritengono che le intercettazioni contenute nelle 80mila pagine di Iblis sono “gravemente indizianti solo del fatto che i fratelli Lombardo Raffaele ed Angelo abbiano direttamente o indirettamente preso contatti con esponenti anche di vertice del sodalizio mafioso denominato Cosa Nostra, anche esterni alla “famiglia” Santapaola (il caso più eclatante è quello del Di Dio) per sollecitare l’appoggio in occasione di varie competizioni elettorali a partire almeno dagli anni Novanta”. E ancora: “alcuni di questi contatti ebbero luogo con personaggi che avevano già subito procedimenti penali per delitti di criminalità organizzata di cui le cronache avevano dato notizia, come nel caso dei rapporti di entrambi i fratelli Lombardo con il Di Dio nel 2004 che sono emersi dalle intercettazioni, mentre per tempi più recenti, come in occasione delle elezioni politiche e regionali del 2008, le intercettazioni offrono risultati diversi a seconda che si consideri l’operato di Lombardo Angelo, che peraltro continuò a mantenere rapporti diretti con pregiudicati per delitti di mafia anche dopo la sua elezione alla Camera dei Deputati, ovvero quello di Lombardo Raffaele, di cui le intercettazioni non danno elementi di prova di suoi contatti diretti con esponenti del sodalizio mafioso, già riconoscibili come tali per vicende giudiziarie già rese note, prima delle leezioni del 2008. Sembra che tali contati non vi furono o furono resi assai difficili per volontà dello stesso Lombardo, dopo l’elezione a presidente della Regione”.

I contatti tra Raffaele e Giovanni Barbagallo prima e dopo le elezioni non rientrerebbero -secondo i pm- tra i “rapporti con esponenti la cui caratura mafiosa fosse già resa nota dalle cronache giudiziarie”. Non si cita la festa in casa di Barbagallo alla quale ha partecipato Angelo Lombardo insieme ad alcuni pregiudicati.

Dalle intercettazioni tra Raffaele Lombardo e Salvatore Bonfirraro “uomo di fiducia del Bevilacqua Raffaele…avvocato e uomo politico ennese ma anche imputati in vari procedimenti penali perché ritenuto rappresentante di vertice di Cosa Nostra per la provincia ennese”, i pm passano all’incontro, confermato da Raffaele Lombardo in conferenza stampa e dai pm nella richiesta di archiviazione, sottolineando che anche nelle telefonate “per interposta persona il Lombardo non aveva avuto remore a richiedere l’appoggio del Bevilacqua, del quale non poteva ignorare le pesanti vicende giudiziarie, essendo già stato all’epoca il Bevilacqua posto in stato di custodia cautelare per reati di criminalità organizzata di tipo mafioso”. “Tuttavia -scrivono i pm- appare evidente che nessun accordo è stato infine raggiunto tra i due, sicché tali circostanze non possono assumere diretto valore indiziario del delitto di concorso in associazione mafiosa”. L’agenda del boss Bevilacqua, come svelato da S in edicola- conteneva l’appunto “ore 8 da Raf…dire a Raf a chi fare domanda per aeroporto”…Lombardo ha spiegato che si trattava della ricerca di un posto di lavoro per il figlio del boss all’aeroporto.

“Per quanto riguarda gli elementi processuali che dovrebbero fornire indicazioni in ordine alla specificità e concretezza degli impegni che i fratelli Lombardo avrebbero assunto nei confronti del sodalizio mafioso denominato Cosa Nostra in corrispettivo del predetto sostegno elettorale deve invece registrasi che le fonti probatorie…sono assolutamente carenti ed anzi sembrano fornire indicazioni in senso contrario”.

Tutti i collaboratori di giustizia, secondo i pm Zuccaro e Patanè, non avrebbero indicato impegni concreti. Sarebbe di rilievo l’improvvisa indisponibilità di Raffaele Lombardo, dopo le elezioni, ai contatti con gli esponenti di Cosa Nostra. “Non poteva sopperire -si legge nella richiesta di archiviazione- a tale mancanza di contatti con il presidente della regione il fatto che Lombardo Angelo fosse da loro ancora avvicinabile, atteso che questi non disponeva di alcun potere decisionale e doveva comunque far capo al fratello, che però, secondo l’espressione usata da Aiello, si era messo in mano agli sbirri”.

I pm contestano l’avviso di conclusione indagini preliminari per concorso in associazione mafiosa perché si ipotizza che Raffaele Lombardo “avrebbe utilizzato per mantenere i contatti indiretti con Cosa Nostra, il fratello Angelo e l’incensurato Giovanni Barbagallo”, ma questi tentativi sarebbero non provati dal fatto che Angelo Lombardo è stato bastonato per non aver rispettato i presunti patti, e dal malcontento generale che circolava tra i mafiosi dopo le elezioni nei confronti di Raffaele Lombardo.

I pm registrano “una carenza del quadro probatorio a carico dei fratelli Lombardo che investe gli essenziali momenti della dimostrazione della sussistenza di impegni specifici assunti da parte dei predetti politici in favore del sodalizio mafioso e della dimostrazione di condotte esecutive di tali impegni”. E poi mai sarebbe emerso che i boss mafiosi avrebbero agito con la “forza intimidatrice” -sottolineano ancora i pm- tipica del metodo mafioso. Il ritratto diventa triste e sociologico e i pm Zuccaro e Patanè non esitano a parlare di “realtà devastante sotto il profilo dell’espressione del consenso elettorale”, e cioè “quella di una fascia di elettori appartenente ai livelli sociali più elevati che stringono perversi accordi con la consorteria mafiosa o con i politici nella prospettiva di conseguire a loro volta profitti ingiusti e quella di altra ben più numerosa cerchia di elettori che, versando in precarie condizioni economiche svende un diritto politico fondamentale, il proprio diritto di voto, in cambio di modeste somme di denaro o di altre irrisorie utilità, come dimostrano in modo eloquente le dichiarazioni del D’Aquino e del Di Gati”.

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