Novanta giorni. Questa forbice di tempo è diventata il centro dei discorsi dei molti, quasi tutti ormai deputati dell’Ars. Novanta giorni. Tanto deve trascorrere, Statuto alla mano, tra le dimissioni del presidente della Regione e l’indizione di nuove elezioni. Tre mesi che in qualche modo sembrano restringere il futuro del governatore Raffaele Lombardo.
Le sue dichiarazioni alla luce delle notizie dell’imputazione coatta (“dimissioni in caso di rinvio a giudizio”) e l’ulteriore saltello in avanti dei giorni scorsi (“mi dimetto ancora prima della decisione del giudice”), hanno sollevato il plauso degli alleati che hanno sottolineato il segno distintivo col predecessore Cuffaro, e il rispetto per le istituzioni mostrato da Lombardo. Ma già dal giorno dopo, hanno iniziato a prepararsi alle nuove elezioni.
Perché i tempi, assolutamente incerti della vicenda giudiziaria, qualunque fosse la strada scelta da Lombardo, passano in secondo piano. In linea teorica, per intenderci e semplificare molto, la scelta di attendere la decisione sul rinvio a giudizio o sull’archiviazione, passa attraverso la fissazione dell’udienza (che potrebbe cadere già tra due-tre mesi) e la possibilità che difesa o accusa chiedano la convocazione di nuovi testimoni, la verifica di nuove prove. E a quel punto, prevedere l’esito, è davvero difficile.
Nel caso della scelta di rito abbreviato, inizierebbe un vero e proprio processo. Si giudicherà sulla base degli atti. Ma anche in quel caso, come ha detto lo stesso Lombardo: “Bessuno può certo prevedere i tempi entro i quali si andrà a sentenza”.
In realtà, però, i “meccanismi” giuridici che stanno dietro la vicenda Lombardo, sono calati in un panorama politico che ha altri tempi, altre esigenze. “Io personalmente – dice infatti il deputato del Pd Pino Apprendi – escludo che la decisione di Lombardo arriverà molto tardi. Sarebbe una presa in giro nei confronti dei siciliani. Penso che il presidente si dimetterà entro maggio-giugno”. Già. Perché in caso di rinvio a giudizio, il problema per la coalizione che sostiene Lombardo diventerebbe quello di “sorreggere” il peso di un governatore sotto processo per mafia: “Come faremo – aggiunge Apprendi – a parlare con la gente di futuro, di soluzioni, sapendo che la prima cosa che ci verrà chiesta riguarderà la vicenda giudiziaria di Lombardo?”. Così, il parlamentare del Pd immagina una soluzione a breve termine. Un paio di mesi, e Lombardo dirà addio: “Anche per dare – spiega – un segno di discontinuità col suo predecessore Cuffaro. E non far pesare sulla Sicilia il fardello di questo procedimento giudiziario”. Ma le dimissioni, ovviamente, non risolverebbero altri problemi: “Sarebbe comunque un momento di difficoltà per tutta l’Isola. Andare ad elezioni, a pochi mesi dalla chiusura, ad esempio, di molti bandi europei, creerebbe difficoltà nuove”. Ma i motori sono già caldi, anche perché ciò comporterebbe l’effetto collaterale di evitare la riduzione del numero dei parlamentari per la prossima legislatura. Un’esigenza avvertita da molti deputati, specie quelli delle province più piccole: “Ma sulla riduzione – precisa Apprendi – indietro non si torna. È una legge che abbiamo approvato e dobbiamo difendere. Spero, semmai – aggiunge – che, vista l’imminenza di nuove elezioni in Sicilia, possa accelerare l’esame a Roma”. Quindi voto a ottobre? “Se potessi scommettere un caffè, ci scommetterei”, dice Apprendi.
E lo stesso caffè è pronto a scommettere anche Salvino Caputo: “Ormai, di fatto, – dice – si lavora al dopo-Lombardo. Ed era ora. Anche se credo che le sue dimissioni dovessero arrivare a prescindere dalla vicenda giudiziaria”. E in effetti, il giudizio del parlamentare del Pdl è netto: “Lombardo doveva andare via a causa del fallimento nell’amministrazione della Regione. È stato il peggior presidente della storia della Sicilia”. E l’uso del verbo “al passato” non è casuale: “Sì, siamo già nel dopo-Lombardo”. Sulla durata di questo “interludio”, però, Caputo la pensa come il suo collega in Commissione Attività produttive Apprendi: “Io credo che Lombardo si avvarrà del rito abbreviato. Giusto per prendere tempo e arrivare almeno a luglio. Data entro la quale penso proprio di dimetterà. A quel punto, si potrà andare a nuove elezioni”. Entro novanta giorni, appunto. E rieccoci a ottobre: “Per quanto ne so io – aggiunge Caputo – di questa cosa sono consapevoli anche gli alleati di Lombardo. Dopo l’esperienza Cuffaro, è assurdo pensare di rivivere una situazione insostenibile come quella”. In realtà, però, secondo Caputo, comincia a farsi sempre più concreta la possibilità che si arrivi ad elezioni persino prima dell’autunno. “C’è un bilancio da approvare. E ad oggi, metà aprile, siamo in alto mare. Servono 450 milioni di euro, e il commissario dello Stato ha già detto che non accetterà operazioni fittizie. Il rischio che governo e parlamento vadano a casa per non essere riusciti ad approvare il bilancio è forte. Sarebbe la clamorosa fotografia del disastro di questo esecutivo di Lombardo. Sarebbe la prima volta nella storia dell’Isola”.
“I tempi delle dimissioni di Lombardo? Finora si è parlato del nulla”. Toto Cordaro dice di non volersi accodare a quanti hanno interpretato le dichiarazioni di Lombardo con una certa “superficialità”. “Di che stiamo parlando? La richiesta di rinvio a giudizio, trasforma già un indagato in un imputato. Il presidente della Regione è imputato per reati di mafia. Questa è la verità”. E, anzi, il deputato del Cantiere popolare non vede, nell’eventuale scelta del rito abbreviato, un modo per “temporeggiare” e tirare avanti fino alla fine della legislatura: “Se Lombardo scegliesse di chiedere il rito abbreviato, anzi, meriterebbe un plauso. Dimostrerebbe la sua volontà di giungere velocemente a una sentenza. Anche perché – aggiunge Cordaro, che è anche un avvocato penalista – non è detto che i tempi dell’abbreviato siano più lunghi di quelli previsti dall’udienza preliminare”.
Detto questo, ecco l’affondo di Cordaro: “La vicenda dei tempi, e dei tecnicismi, mi entusiasma poco. Lombardo deve andare a casa perché ha precise responsabilità amministrative e politiche. Non penso, tra l’altro, che arrivare a fine legislatura, comporterà chissà quali benefici per i siciliani. Non credo, infatti, – prosegue – che quanto non è stato fatto in quattro anni, per magia, verrà fatto nell’ultimo anno”.
Insomma, per molti, si è entrati già nel “dopo-Lombardo”. Le dimissioni, per un motivo o per un altro, sembrano scontate. Necessarie. Per molti, ma non per tutti. La pensa un po’ diversamente, infatti, un big proprio dell’Mpa. “Lombardo ha detto che si dimetterà prima del giudizio? – chiede infatti Francesco Musotto – forse si riferiva al giudizio universale…”.