Samuele cercò rifugio dallo zio| Migliorano le condizioni di Lucia - Live Sicilia

Samuele cercò rifugio dallo zio| Migliorano le condizioni di Lucia

Samuele Caruso, l'assassino di Carmela Petrucci, dopo le prime ammissioni sulla tragica vicenda amorosa svela alcuni retroscena della sua fuga. Migliorano nel frattempo le condizioni di Lucia Petrucci, sorella della vittima. Su Carmela LEGGI QUI è stata invece svolta l'autopsia (nella foto il banco di Carmela). Lo sfogo del padre: "Basta spettacolarizzare dolore".

L'INTERROGATORIO DEL GIOVANE
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PALERMO – Dopo il delitto, venerdì scorso, di Carmela e il ferimento della sorella Lucia, la ex fidanzata che frequentava dall’aprile 2011 e che lo aveva lasciato proprio un anno dopo, Samuele Caruso è scappato a piedi fino al Foro Italico, dall’altra parte della città, sul lungomare Cristoforo Colombo dove ha comprato una maglietta cambiando quella che aveva addosso, di coloro rosso, macchiata di sangue. Il giovane é poi andato a Bagheria perché lì abita uno zio paterno. La famiglia – sostiene il legale dell’indagato, Antonio Scimone – non si era allarmata del fatto che il giovane non fosse tornato a casa per pranzo perché spesso rimaneva fuori a mangiare un panino. Samuele ha lavorato in un bar in via Oreto da cui si era licenziato e di recente aveva fatto domanda per frequentare un corso di formazione per operai edili, il lavoro del padre. Secondo le dichiarazioni fatte da Caruso al pm,  Lucia gli consigliava di continuare gli studi di ragioneria che aveva abbandonato dopo la morte di uno dei quattro fratelli. Il padre e la madre, in lacrime, hanno incontrato per pochi minuti Samuele venerdì sera prima che fosse portato in carcere.

L’arma del delitto. Un coltello “a farfalla”, detto anche “Butterfly” per la partcolarità del suo manico, che si apre in due parti per scoprire una lama estremamente tagliente, che può uccidere. Un arnese di origine filippina in grado di diventare un’arma letale, al punto che in Giappone, Svizzera, Germania Canada e anche negli Stati Uniti, il suo utilizzo viene considerato illegale. È il coltello che venerdì, alle 13,30, Samuele Caruso, 23 anni, ha portato con sé quando si è nascosto nell’androne del palazzo in cui vivevano Carmela e Lucia Petrucci, le sorelle di 17 e 18 anni finite nel mirino del giovanissimo assassino che adesso, dice di aver ucciso Carmela per sbaglio. “Ho perso la testa, l’ho colpita per errore”, ha detto ieri sera il 23enne bloccato dalla polizia mentre stava per prendere un treno alla stazione di Bagheria. Il suo interrogatorio è durato più di tre ore. È stato ascoltato dal pm Caterina Malagoli, che coordina le indagini, e dal capo della sezione Omicidi della squadra mobile, Carmine Mosca: “Era estremamente lucido mentre rispondeva alle nostre domande – spiega Mosca – ma dava l’impressione di prendere consapevolezza di quanto aveva fatto col passare del tempo”. Nessuna titubanza quindi. E nemmeno una lacrima. Samuele e Lucia – secondo quanto il 23enne ha raccontato agli inquirenti – sarebbero stati insieme un paio di mesi. Poi, qualcosa sarebbe andato storto e la 18enne, nel mese di agosto, aveva preso le distanze dal ragazzo, figlio di un piccolo imprenditore e di una casalinga che abitano in via Oreto. Scelta che il giovane non aveva mai accettato, al punto da trasformarsi in uno “stalker” a tutti gli effetti. “Sì è vero, sono stato io – ha affermato nel corso dell’interrogatorio – ma a Carmela volevo non succedesse nulla. La discussione con Lucia è degenerata – avrebbe aggiunto – e mi sono improvvisamente avventato su di lei. Carmela si è però messa in mezzo, non riuscivo a farla allontanare”.

E in quel momento è arrivato il sangue. La tragedia. Il dolore e poi lo strazio di genitori, amici, conoscenti. “Sono fuggito – ha continuato il ragazzo – ma non sapevo dove andare”. Di sicuro è arrivato fino alla via Umberto Giordano, dove la polizia a recuperato l’arma del delitto: si trovava all’interno della tanica di benzina di uno scooter parcheggiato lungo la strada. Poi, l’assassino ha raggiunto piazzale Giotto, la zona fino alla quale arrivavano le tracce di sangue, visto che si era ferito alla mano destra. Successivamente, ha raggiunto Bagheria, nel vano tentativo di farla franca. E la procura di Palermo non crede che sia stato un raptus ad armare la sua mano: le coltellate, secondo un primo esame sul cadavere di Carmela – che nelle prossime ore sarà approfondito con l’autopsia – erano precise. Entrambe sferrate al collo, nette. E d’altronde, il possesso del coltello, sembra parlare chiaro: Caruso avrebbe agito consapevolmente, per uccidere probabilmente entrambe le sorelle. Per questo quello che a Caruso viene contestato, è l’omicidio volontario premeditato, aggravato dai motivi futili e abietti.

Nel frattempo per Lucia Petrucci, dopo la faticosa guarigione del corpo, bisognerà suturare le ferite profonde nel cuore. Non sarà facile muoversi e agire in una zona di confine delicatissima. Non sarà semplice restituirle il sorriso, o, almeno, la speranza di tornare a sorridere. “Erano come gemelle”, raccontava una cugina, spiegando la simbiosi tra Lucia e Carmela Petrucci.

La ragazza, rimasta in vita dopo l’agguato dell’ex fidanzato che le ha tolto la sorella, è ricoverata alla rianimazione del “Cervello”. Il bollettino medico è un film dell’orrore in tre dimensioni.  “Lucia è stata colpita in un modo barbaro, l’aggressore l’ha accoltellata una ventina di volte come se avesse usato un bisturi, i tagli sono tutti lineari – racconta Giuseppe Termini, primario di Chirurgia – se fosse stata colpita sull’arteria sarebbe morta dissanguata”.

Venti coltellate, sferrate con furia omicida. Il fendente più grave – recita il bollettino – alla regione lombare, sopra l’ossa sacro: una ferita lunga circa 13 centimetri che sanguinava moltissimo. “Mi ha colpito il fatto che fosse una ferita lineare, proprio come se fosse stato usato un bisturi – racconta il medico -. Lo stesso è accaduto alla lingua, ha anche una ferita al labbro di almeno 4 centimetri, un’altra all’inguine sinistro di 7-8 centimetri e una nella guancia”. “Adesso sta meglio, rispetto a ieri è anche più rilassata e sciolta – prosegue Termini – è lucida, parla  e oggi le abbiamo strappato anche un sorriso, quando le ho detto che per nascondere i segni delle ferite riportate abbiamo chiamato anche un chirurgo plastico”.

Cicatrici e tagli  ricomposti, appunto,  dalla dedizione dei medici. Resta l’amputazione più grave. “Le abbiamo detto che la sorella Carmela è ricoverata in un altro ospedale – spiega il dottore – e che la stiamo curando. Chiede ai medici e agli infermieri come sta la sorella. Abbiamo chiamato uno psicologo che le potrà dire con dolcezza che la sorella è morta”. Perché è morta? Lo ha detto l’assassino agli inquirenti: “Ho colpito Carmela per sbaglio, perché Lucia si è difesa con le mani”.

Una violenza terribile contro la quale ieri sono scese in piazza a Palermo le donne che hanno aderito all’appello del Coordinamento 21 luglio. Una manifestazione contro i “femminicidi” a cui hanno aderito anche esponenti della giunta comunale, studenti della scuola di Carmela e associazioni. Un momento di ricordo e di denuncia per chiedere più attenzione verso le donne costrette a vivere nel terrore e troppo spesso anche a morire.


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