Lucia, Patrizia e la legge - Live Sicilia

Lucia, Patrizia e la legge

La storia di due bambine
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Quando un dito punta al cuore, i ciechi guardano oltre. Riccardo Arena ha scritto un pezzo, sulla tragica fine di una famiglia e su un incidente, che fa onore al giornalismo. Non ha incolpato nessuno della fine di Patrizia e Lucia Cardella e dei compagni di automobile. Non ha stabilito improbabili nessi di causa ed effetto. Il destino, o la sorte guidano i passi degli uomini e dei bambini sulle autostrade del mondo. Chi può tracciare l’esatto diagramma di una stella umana, la sua parabola: dall’accensione allo spegnimento? Noi siamo d’accordo con Riccardo – cronista che sa unire lucidità e pathos – e l’abbiamo scritto. Non c’entra la morte, è una questione di vita. E ci riferiamo alla nota vicenda dello schianto che ha raggelato lo Sperone di Palermo. Se due bambine, che hanno viaggiato, da Palermo fino a Paola, piangono perché un nonnulla gli impedisce di abbracciare il padre recluso, è giusto richiamarsi all’umanità che dovrebbe rendere flessibile il regolamento più duro? E’ lecito pensare che sarebbe stato meglio concederla la visita, a prescindere dall’infausto esito? E’ un riflesso normale da persone, da padri e da figli soffermarsi sul rigore che non conosce la pietà spicciola di tutti i giorni? E non è certo colpa della divisa che le norme ha puntigliosamente applicato. Anzi, forse non c’è nemmeno una colpa. Il dovere impone l’adempimento. E’ che bisogna intendersi su un particolare all’improvviso essenziale: la lettera delle disposizioni, in ognidove,  è inderogabile, o ci sono delle intercapedini suggerite da buonsenso e sensibilità?

Neanche proviamo a dare una risposta sicura, perché il dubbio soffia forte su questi fogli virtuali e nell’anima dei nostri cari lettori. Nemmeno Riccardo Arena ha cercato la soluzione. Ha posto qualche domanda, tra il carcere e il fuori: dovere di un bravo giornalista. Posiamo qui la foto delle piccole Patrizia e Lucia, ormai dissolte, sapendo di ferire. Non per commuovere. Solo per far capire chi c’era sull’altro braccio della bilancia, a giocare contro il peso austero di un mancato nullaosta. Solo per sussurrare una lezione che abbiamo imparato in anni e anni di polvere e stelle: quando i grandi diventano troppo severi, i bambini finiscono per seguire la musica del pifferario magico. Entrano in una grotta e non li vedi. Non tornano più.


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