Lupo: "Le colpe del Pd siciliano, Barbagallo segua Letta"

Lupo: “Le colpe del Pd siciliano, Barbagallo segua Letta”

Analisi dei guai del Partito Democratico. Parla il 'grande escluso'.
INTERVISTA A GIUSEPPE LUPO
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3 min di lettura

“Il momento è difficile. Abbiamo perso e dobbiamo affrontare la sconfitta nel migliore dei modi, il più costruttivo. Credo che Enrico Letta ci abbia indicato una strada con la convocazione di un congresso in cui non sarà ricandidato. Si deve fare così pure in Sicilia”.

Giuseppe Lupo, ovvero la moderazione. Consigliere comunale del Pd. Non ricandidato alle regionali, formalmente per un suo passo indietro, concretamente per le polemiche sulla vicenda degli impresentabili. Ma tutte le parole che pronuncia, nel corso della presente intervista, sono verniciate di ragionamenti politici. Non di astio.

Dunque, consigliere Lupo?
“La via è tracciata. Per essere chiari: a mio parere il segretario regionale Anthony Barbagallo dovrebbe seguire il percorso di Letta. Poi, può decidere legittimamente di ricandidarsi, ma nessuno può impedire al Partito Democratico di discutere, dibattere e scegliere. Anche in Sicilia serve un congresso che non è una resa dei conti, né una epurazione, ma un momento di ascolto”.

Riavvolgiamo il nastro: la scelta di Caterina Chinnici. Cosa ne pensa col senno del dopo?
“Quello che ho sempre pensato. Era ideale per una coalizione larga, con i grillini e il terzo polo. Erano tutti favorevoli. Il crollo del governo Draghi, con le sue fisiologiche frantumazioni, ha avuto una ricaduta inevitabile e prevedibile in Sicilia. Ed è questo il punto”.

Cioè?
“Il segretario regionale avrebbe dovuto comprendere quello che stava succedendo e precorrere i tempi. Invece è stato ritenuto che la candidatura potesse reggere lo stesso. Un errore molto grave”.

Cosa avrebbe dovuto fare il Pd?
“Capire cosa stava succedendo e agire di conseguenza, anticipando le mosse e magari convergendo su un altro nome, più adatto al contesto mutato”.

Quale nome?
Non mi faccia fare l’elenco, parlo di principio. Non c’è stata la prontezza di reagire come sarebbe stato opportuno. Con una coalizione stretta Pd-Cento passi non avremmo dovuto bruciare la candidatura di Caterina Chinnici che era nata per vincere con una coalizione larga. Per di più il Pd non ha aiutato, come avrebbe dovuto, la candidata che è rimasta sola. Nessuna campagna di comunicazione, nessuno staff organizzativo, perfino la segreteria regionale chiusa nei giorni delle elezioni e dello spoglio… Niente di niente. Se fosse stata sostenuta adeguatamente Caterina Chinnici avrebbe espresso ben altre potenzialità”.

La questione dei cosiddetti impresentabili ha lasciato scorie in lei?
“Sono un uomo felice, faccio politica da consigliere comunale, voglio bene al mio partito, ho una bellissima famiglia… Detto questo, sì, l’esperienza è stata umanamente sgradevole. Anche perché io, per il codice etico del Pd, sarei stato perfettamente candidabile. Ho preferito non polemizzare”.

L’errore più grave a livello nazionale?
“Nessun leader si è candidato nei collegi uninominale. Dando l’impressione di considerarli quasi persi”.

Vi aspettano cinque anni di opposizione.
“L’abbiamo portata avanti con Musumeci e accadrà lo stesso con Schifani. Gli azionisti di questo governo sono gli stessi di quelli del precedente che ha consegnato alla Sicilia cinque anni di fallimenti. L’amarezza che rimane? Il Pd non ha avuto la forza di valorizzare il grande lavoro svolto a Palazzo dei Normanni”.

Parliamo di nuovi ingressi. Pure lei, come Antonello Cracolici, pensa che Valentina Chinnici sia stata eletta meritatamente, ma che abbia avuto il vantaggio del cognome condiviso con la candidata alla presidenza?
“Valentina è bravissima, ha svolto un grande lavoro nella società. Sarebbe stata eletta con qualunque cognome”. (Roberto Puglisi)


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