Ma cosa c'è da ridere?|Cammarata, il sindaco del silenzio - Live Sicilia

Ma cosa c’è da ridere?|Cammarata, il sindaco del silenzio

Giunta, Amia e non solo...
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Il sindaco c’è ma non batte un colpo. A Palermo la politica non è in vacanza ma ha scelto la strada del silenzio. Colpevole. Sono passati quasi due mesi dall’annuncio di Cammarata di azzerare la giunta. La risposta alla mini-crisi aperta da Lombardo alla Regione, la speranza che qualcosa potesse cambiare nell’amministrazione di questa città. Speranza vana. La giunta annunciata è rimasta tale. Nel silenzio dei partiti. E del sindaco. E’ passato quasi un mese dall’annuncio del sindaco di trasferirsi armi e bagagli nella sede dell’Amia. Per rifare i conti, per mettere ordine nella municipalizzata degli sperperi e degli scandali. La rivoluzione è rimasta tale. Nel silenzio della città. E del sindaco. Palermo è sporca, l’Amia funziona male, come e peggio di prima. Ma la pulizia della città sembra quasi diventato un alibi. L’Amia non funziona. Perchè, il resto?

Le periferie restano terra di nessuno. E il sindaco resta in silenzio.

Non esiste una politica sul traffico, tranne che per vessare i cittadini con strisce blu che sorgono un po’ dappertutto. E il sindaco resta in silenzio.

Non esiste una politica culturale degna di questo nome. Palermo è scomparsa dai grandi circuiti nazionali ed europei, l’estate è stato un deserto di iniziative, culminato nella chiusura del Teatro di Verdura e nell’assenza di qualsiasi coinvolgimento di privati e impresari. E il sindaco resta in silenzio.

Non esiste un piano delle grandi opere e infrastrutture. Il simbolo della rotonda di viale Leonardo da Vinci ancora ingabbiata dopo anni dall’inaugurazione è la fotografia del fallimento dell’amministrazione. E il sindaco resta in silenzio.

Non esiste una politica della sicurezza e della legalità. Il centro preda di posteggiatori abusivi che taglieggiano indiscriminatamente; di fruttivendoli improvvisati che occupano i marciapiedi; il Foro Italico diventato di nuovo terra di ambulanti che vendono tappeti e souvenir; la Favorita abbandonata e concessa ai Rom; la piazza del Politeama sfregiata da tendopoli e borsette fasulle. E il sindaco resta in silenzio.

I conti del Comune sono dissanguati. Il bilancio è assorbito da spese figlie di una politica che ha portato l’amministrazione al dissesto e all’azzeramento delle politiche sociali, abbandonando al proprio destino quanti hanno davvero bisogno in questa città. E il sindaco resta in silenzio.

Tutto sembra incarnare un’immagine di decadenza. Basta guardare gli impianti sportivi: il Palasport dal tetto crollato chiuso da due anni, la piscina aperta a singhiozzo, i palazzetti di Uditore e Borgo Ulivia senza agibilità, il campo da baseball trasformato in sede per pagare gli stipendi ai precari.

Non esiste una politica del fare, dell’inventare, del sognare. Felice Cavallaro in un recente numero di I Love Sicilia si lasciava trasportare dai sogni, immaginando una Palermo felicissima, con una “via Ruggero Settimo con le piante fiorite al centro, come le isole pedonali tutt’intorno, raggiungibili con le bici, con ampi spazi destinati ai ciclisti che possono arrivare al Centro Congressi dell’Ucciardone, un tempo usato come carcere per i boss mafiosi, oggi ristrutturato con i nove complessi a raggiera diventati auditorium, centro congressi, palestre, teatri. Tutto in continuità con l’oasi verde ricavata nel sito del vecchio mercato ortofrutticolo, con botteghe, artigiani, ristoranti e strutture da far impallidire il Covent Garden di Londra o gli antichi Fish market di Boston. E più su, proseguendo per le piscine, i viali e i complessi tutto vetro e acciaio dell’ex Fiera del Mediterraneo, un’oasi vitale collegata all’altra vicina area un tempo occupata da una caserma, la Cascino. Un susseguirsi di strutture sportive open air, intervallate da ampi spazi, cinema, biblioteche, parchi giochi per bambini. Tutto realizzato intorno alla base della teleferica lanciata verso Monte Pellegrino e ul suo Castello Utveggio trasformato nell’albergo più esclusivo dell’Isola, tanti caffè all’aperto, vista mozzafiato, una ruota panoramica da fare impallidire Barcellona, i turisti felici, su è giù con la funivia divenuta simbolo di Palermo per depliant e cartoline, spot e racconti entusiasti di visitatori incantati”. Era un sogno quello di Felice Cavallaro. Un sogno bellissimo. Ci hanno ucciso anche i sogni a Palermo.  E il sindaco resta in silenzio.

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