Il cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, ha proibito la celebrazione di una veglia in una chiesa palermitana, quella di Santa Lucia, prevista e già autorizzata da un padre comboniano per il 12 maggio, organizzata per ricordare, in vista della giornata mondiale che si terrà il 17, le vittime dell’omofobia. Questa è la notizia. La veglia, che comunque i richiedenti sono intenzionati a fare pure in piazza, davanti la chiesa chiusa, precede il Gay Pride Palermo, che si svolgerà, con tante iniziative, dal 14 al 21 maggio.
Proprio il 21 ci sarà, come nel 2010, il corteo e già alcuni manifesti che lo pubblicizzano sono stati imbrattati con scritte offensive. Si suppone da parte di eterosessuali maschi, perché le donne queste cose non le fanno, che hanno evidentemente più testosterone in circolo che neuroni nel cervello. Una non meglio precisata, da parte dell’ufficio stampa della curia, norma del diritto canonico e un documento del 1986 dell’attuale papa, impediscono che tale momento si svolga dentro una chiesa. Resta da capire perché altrove, in Italia e nel resto del mondo, si può e a Palermo no.
Dagli ambienti curiali fanno sapere che i cattolici sono sempre vicini alle persone omosessuali, ma non possono che opporsi al male, al peccato, al vizio. La paura, inoltre, è quella che si utilizzi, ci è stato incredibilmente detto, un momento di preghiera per farsi pubblicità. Difficile capire che marchio o che prodotto pubblicizzino gli omosessuali, questo ce lo faremo spiegare meglio la prossima volta. Ci pare, invece, che una richiesta proveniente da credenti, perché di questo stiamo parlando, in qualsiasi modo essi esprimano la loro sessualità, non dovrebbe che trovare pronta accoglienza da parte di chi guida la chiesa palermitana e da parte di tutti i fedeli che ad essa fanno riferimento.
Qui, si badi bene, non si chiede all’alto prelato, o alla chiesa locale, di rivedere la dottrina sull’omosessualità, ammesso che quest’ultima abbia un senso scientifico e sia radicata nella predicazione del Gesù dei vangeli. Semplicemente, alcuni credenti vorrebbero utilizzare un luogo di culto per esprimere, con il linguaggio tipico di chi ha il dono della fede, la condanna verso ogni forma di discriminazione omofobica. In qualsiasi modo essa si presenti. Anche se si concretizza sotto la sembianza, non se l’abbia a male la chiesa di Palermo e il suo capo, della negazione di uno spazio.
Perché, a volte, o quasi sempre, negare un luogo fisico, che in questo caso è anche un luogo spirituale, può coincidere, certo senza che se ne abbia la volontà specifica, con il negare l’identità più intima di ogni singola persona che ne fa richiesta. La quale non può essere esclusa, perché questo di fatto accade nel caso in questione, solo perché non se ne condivide la condotta sessuale. La vicinanza dei cattolici alla vita degli esseri umani, non può essere soltanto teorica e poi infrangersi miseramente nel momento in cui essa deve palesarsi con una visibile azione pastorale di accoglienza.
Non possiamo che augurarci, quindi, anche se è molto difficile, che il cardinale Romeo ci ripensi. Sappia che non ci perderebbe nessuno. Insieme a lui, infatti, ci guadagnerebbe tanto non soltanto la collettività dei cattolici, ma tutta la comunità cittadina. Purtroppo, l’unico precedente non è incoraggiante in tal senso. Pure lo scorso anno un parroco aveva accettato di ospitare la veglia, ma a pochi giorni dall’evento venne richiamato dalla gerarchia a fare un passo indietro, adducendo come motivazione di facciata che la porta della chiesa non voleva più saperne di aprirsi. Non è una barzelletta, è andata proprio così. In quell’occasione i partecipanti furono ospitati nel vicino tempio dei valdesi. Anche quest’anno, c’informa il pastore Giuseppe Ficara, il 22 maggio sarà ricordata solennemente la giornata mondiale contro l’omofobia durante il culto domenicale, quindi nel momento centrale per i valdesi palermitani. Che pregano lo stesso Cristo dei cattolici, ma indiscutibilmente, o almeno in questa vicenda, con diverso profitto.