In un frammento di una dura nota ‘chiarificatrice’ del presidente di Rap, Giuseppe Todaro, scaturita nell’ambito di una polemica sull’allarme rifiuti a Palermo, di cui abbiamo dato conto, c’è un passaggio chiave a livello politico.
Eccolo: “Con il sindaco, che ringrazio per la fiducia, abbiamo avviato un percorso di risanamento e trarremo insieme le conclusioni se non porteremo a termine questo progetto”.
Verosimilmente, il presidente della Rap pensa al suo incarico, alla possibilità di portarlo a termine e alle ‘conclusioni personali da trarre’, nonostante l’ impegno, in caso di fallimento.
Ma è vero che la questione della sporcizia di Palermo – drammatica nella sua essenza – coinvolge tatticamente, se non il destino materiale e immediato di un ruolo, il credito d’immagine del sindaco, Roberto Lagalla.
Che non ha lesinato critiche alla Rap e che è considerato, come appare normale che sia, il più importante responsabile della vivibilità in città.
Se perdureranno le cataste di munnizza, con annessi incendi e le conseguenze per l’ambiente, la critica, rivolta fin qui alla Rap e ai suoi vertici, prenderà più massicciamente di quanto già non accada una direzione decisa.
Il malcontento diventerà, ancora di più, un severo giudizio, destinato a cristallizzarsi, nei confronti della poltrona più alta dell’amministrazione e del suo inquilino.
La morale della favola si presenta evidente, nell’intrecciarsi di un dramma collettivo e di un percorso politico individuale. L’emergenza rifiuti, per il sindaco Lagalla, con tutti i palermitani, rappresenta la battaglia che non può essere perduta. Vincerla è l’interesse in comune.