PALERMO – La pace non c’è. Il vertice di Palazzo d’Orleans non ha chiarito tutte le zone d’ombra del rapporto tra Pd e governatore. Non ha sciolto tutti i nodi. Soprattutto, non ha sciolto il più stretto di tutti: quello riguardante il rimpasto. Anzi, il “rafforzamento politico della giunta”, locuzione più gradita ai diretti interessati.
Ma la pace non c’è. Il presidente della Regione, infatti, ha accettato oggi solo una delle condizioni avanzate dal segretario regionale Giuseppe Lupo e dal capogruppo all’Ars Baldo Gucciardi: lascerà il gruppo del Megafono e aderità a quello del Pd. Una decisione buona per disinnescare quantomeno la riunione di domani della commissione regionale di garanzia. E giudicata “importante e significativa” dal parlamentare dell’area dei renziani Davide Faraone.
Tutto il resto, però, rimane sul tappeto. E il segretario del Pd rilancia: “Il nostro partito, oggi, non fa parte della maggioranza”. Ma quale pace, insomma. Giuseppe Lupo si è presentato a Palazzo d’Orlenans con una risoluzione votata due settimane fa dalla direzione regionale. Un documento che sostanzialmente chiama fuori il Pd dal sostegno all’esecutivo e chiede agli assessori scelti a novembre dai democratici di fare un passo indietro. In caso contrario “non rappresenteranno il Pd”.
“La posizione del Pd – spiega infatti Giuseppe Lupo – non è cambiata di una virgola rispetto alle decisioni della direzione regionale. Abbiamo ribadito al presidente della Regione la necessità del rafforzamento politico della giunta di governo che valutiamo oggi troppo debole per affrontare un serio programma di riforme e le emergenze economiche e sociali della Sicilia”.
E in un certo senso, non soddisfa del tutto nemmeno l’annunciato passaggio del governatore al gruppo parlamentare all’Ars dei democratici: “Dopo la scelta del presidente Crocetta di aderire al gruppo parlamentare del Pd, lasciando quello del Megafono, – ha infattin incalzato Lupo – è necessario che lo stesso dica con chiarezza che quest’ultimo non è un movimento politico autonomo”.
Ma, come detto, il casus belli tra Pd e Crocetta è legato alla necessità, avvertita dal partito, di poter contare, in giunta, su assessori più “organici”. Magari anche dei deputati regionali (“è assurdo il veto posto ai parlamentari dal governatore” aveva ribadito Lupo ieri). “Su questo punto – racconta il segretario del Pd – il presidente della Regione ci ha solo detto che non può procedere a un rimpasto generalizzato della giunta, cosa che il Pd, tra l’altro, non ha mai chiesto. Ma il partito ha il diritto di valutare necessarie alcune modifiche mentre altre, semmai, dovrebbero essere valutatre dalle altre forze politiche”.
Insomma, il vertice, durato oltre tre ore, non ha portato grandi stravolgimenti. La pace non è scoppiata. E quella iniziata pare, semmai, una sorta di “guerra fredda”: “Il Pd – conferma infatti Lupo – è e resta fuori dalla maggioranza e non è più rappresentato in giunta avendo chiesto le dimissioni degli attuali assessori. Avanzeremo le nostre proposte per lo sviluppo, il lavoro e le riforme e valuteremo quello che ci proporrà il presidente della Regione volta per volta. Voteremo ovviamente solo quelle che condivideremo. Siamo preoccupati – ha concluso Lupo – per l’esplodere di mille emergenze che richiedono una risposta forte e immediata da parte del governo che è necessario metta una marcia in più”.
Era sembrato un po’ più ottimista, pochi minuti dopo la fine dell’incontro il capogruppo Baldo Gucciardi, da settimane impegnato nel ruolo di mediatore tra le parti, di “pontiere”: “La scelta del presidente di aderire al gruppo del Pd – dice – è un segnale politico che può diventare la chiave di lettura di tutto il resto. Abbiamo avviato un confronto, che è in progress. La cosa prioritaria adesso è quella di affontare i problemi, le emergenze dei siciliani. Sul rafforzamento politico della giunta? Ci sarà un dialogo e un confronto quotidiano e costante. Non potevamo risolvere tutti i problemi stamattina. Anche la posizione degli assessori in quota Pd verrà riaffrontata in seguito”. “Quello di oggi – ribadisce Antonello Cracolici – pare al massimo l’avvio di un ragionamento. Ma la direzione ha votato un documento. E su quello attendiamo le risposte del presidente”. La pace, insomma, è ancora lontana.