La mafia del dopo Riina | Imputati tutti condannati - Live Sicilia

La mafia del dopo Riina | Imputati tutti condannati

Rosario Lo Bue

La pena più pesante arriva per Rosario Lo Bue (nella foto), capomafia di Corleone.

PALERMO – L’impianto accusatorio regge in Corte d’appello. Arriva solo un leggero sconto di pena per uno dei sei imputati. L’elenco delle condanne si apre con quindici anni per Rosario Lo Bue, indicato come il nuovo capomafia di Corleone, e prosegue con Pietro Pollichino (6 anni e 8 mesi) e i membri di un unico nucleo familiare: Vincenzo Pellitteri (9 anni e 8 mesi, contro i 10 anni del giudizio di primo grado), Salvatore Pellitteri del ’76 (8 anni e 8 mesi), Roberto Pellitteri (9 anni), Salvatore Pellitteri del ’92 (9 anni).

Rosario Lo Bue, 75 anni, ufficialmente faceva il pastore. Ed invece guidava il mandamento che fu di Riina e Provenzano. Convocava i suoi uomini in campagna mentre pascolava gli animali e predicava la pace in nome di Dio. Secondo i carabinieri del Gruppo Monreale era un capomafia all’antica. L’indagine coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Sergio Demontis, Caterina Malagoli e Gaspare Spedale offrì lo spaccato di una mafia che guardava al passato per serrare i ranghi. La ricostruzione è stata sostenuta davanti alla Corte d’appello presieduta da Mario Fontana, dal sostituto procuratore generale Emanuele Ravaglioli.

Rosario Lo Bue è fratello di Calogero Giuseppe, arrestato nell’aprile del 2006 perché era uno dei “vivandieri” di Provenzano. Nei guai Rosario c’era finito la prima volta nel 1997, anche lui per avere aiutato il padrino a nascondersi. Ma è nel 2008, neri giorni del maxi blitz Perseo, che la sua figura emergeva con prepotenza. Nel tentativo di ricostruire la Cupola a Corleone avevano deciso di schierarsi al fianco di Palermo. I viddani scendevano a patti con i palermitani che tre decenni prima Riina e Provenzano avevano spodestato con il piombo.

A Corleone si viveva nel mito dei vecchi padrini. Programmavano di assassinare l’allora ministro dell’interno Angelino Alfano (“se c’è l’accordo gli ‘cafuddiamo’ una botta in testa”) perché lo consideravano responsabile dell’aggravamento del carcere duro che tanto spaventa i boss. Avrebbero voluto riservargli la stessa tragica sorte toccata a John Fitzgerald Kennedy, il presidente degli Stati Uniti. I carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo di Monreale e della compagnia di Corleone arrestarono Lo Bue assieme agli uomini che avrebbe scelto per guidare i clan di Chiusa Sclafani e Contessa Entellina, giudicati in un altro processo.

Per controllare il territorio i nuovi boss si rifacevano al repertorio di sempre fatto di pizzo e intimidazioni.

 


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI