GELA (CALTANISSETTA) – Rifondare Cosa Nostra. L’obiettivo della famiglia Rinzivillo di Gela era di sconfiggere il clan Emmanuello, farlo scomparire dalla consorteria mafiosa della quale insieme avevano fatto parte. Un progetto “ambizioso”, come lo hanno definito gli inquirenti, secondo i quali doveva essere Crocifisso Rinzivillo a dare il via, servendosi di Alessandro Barberi, uomo d’onore da sempre legato al gruppo e a Giuseppe ‘Piddu’ Madonia. A rivelarlo è stato Rosario Vizzini, ‘rinzivilliano’ di ferro che dopo l’arresto (avvenuto nell’ambito dell’operazione Tetragona) ha deciso di collaborare con la giustizia. Con il blitz di oggi, denominato “Malleus” il tentativo di riorganizzazione della famiglia Rinzivillo è andato in fumo. Diciassette gli ordini di arresto eseguiti dalla Mobile di Caltanissetta e dagli agenti del commissariato di polizia di Gela.
Gli arrestati. Le manette sono scattate ai polsi di Giacomo Gerbino, 42 anni; Antonio Radicia gelese di 30 anni; Ivan Angelo Casciana, 26 anni; Domenico Trespoli, 31 anni; Giuseppe Andrea Mangiameli, 39 anni; Giuseppe Placenti, 27 anni; Valerio Longo e Roberto Cosentino entrambi di 43 anni; Giuseppe Schembri di 34 anni. Inoltre, provvedimenti restrittivi per altri cinque indagati, già rinchiusi in carcere: Massimo Gerbino, 36 anni; Baldassarre Nicosia 32 anni; i gemelli Davide e Alessandro Pardo di 34 anni; Vincenzo Florio di 35 anni e Gaetano Smecca, 57 anni Attualmente ci sono due latitanti.
Le indagini. Erano Massimo Gerbino e Gaetano Smecca i personaggi di punta del clan Rinzivillo. Al primo spettava il compito di gestire il traffico di droga e le estorsioni, al secondo invece era stato affidato un ruolo di ‘mediatore’ con il compito di sedare ed allentare eventuali tensioni che potessero inquinare la serenità del sodalizio mafioso. Non meno importanti i ruoli dei fratelli Alessandro, Davide e Rocco Pardo e di Roberto Di Stefano. In particolare quest’ultimo, nel 2012 poco prima di essere rimesso in libertà, aveva ricevuto l’incarico di riorganizzare Cosa Nostra a Gela e riportare la calma tra le famiglia Emmanuello e Rinzivillo. Per questa missione che Alessandro Barberi lo fregiò del titolo di reggente della famiglia gelese, occupandosi anche del traffico di illeciti. Furono le operazioni “Fenice” e “Fabula” a recidere i tentacoli della nuova organizzazione che tentava così di impadronirsi del territorio e di intrattenere rapporti con le cosche di altre province.
Il traffico di droga. Con gli arresti effettuati la scorsa notte, gli investigatori hanno potuto appurare che l’organizzazione ‘faceva soldi’ sul territorio di Gela tramite commercio dello stupefacente ed estorsioni. A capo di tutto era Massimo Gerbino che si serviva di Antonio Radicia il quale controllava il traffico e lo spaccio su Gela. La droga veniva acquistata a Catania grazie ad un patto che Cosa Nostra aveva stretto con le consorterie dei “Carcagnusi” e dei “Laudani – Cappello”. Ad accreditare questa ipotesi le conversazioni registrate e raccolte dalla Polizia nel corso di un incontro tra Davide Pardo ed alcuni esponenti dell’hinterland catanese. Consistenti quantità di stupefacente arrivavano anche dal Nord Italia: nel mercato finiva cocaina, hashish, marijuana. Il clan aveva anche a disposizione numerose armi: una pistola è stata sequestrata insieme con 8 mila euro in contanti, probabilmente guadagni provenienti dallo spaccio, 2 grammi di cocaina e strumenti per il confezionamento della droga. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state emesse da Lirio Conti, Gip presso il Tribunale di Caltanissetta su richiesta della DDA Nissena che ha coordinato le indagini.