Agguati, vendette, regolamenti di conti, lezioni mafiose macchiate di sangue. Tra gli anni 80 e 90 bastava poco per diventare un bersaglio da eliminare. Giuseppe Maria Di Giacomo è stato tra i killer più spietati della mafia catanese. Uccideva per motivi futili e abbietti. Ha ordinato anche l’omicidio dell’indimenticabile avvocato Serafino Famà.
Negli anni ha confessato decine di delitti. Per un periodo boss di vertice dei Laudani, Giuseppe Di Giacomo è finito alla sbarra per altri quattro omicidi. Il pentito è stato accusato dalla pm Antonella Barrera (che ha chiesto 12 anni e 8 mesi) dei delitti di Italo Benito Quinzio avvenuto nel 1992, di Filippo Trivetti commesso l’estate del 1993, di Salvatore Pappalardo e di Salvatore Castorina, entrambi ammazzati nel 1987.
Il gup Oscar Biondi lo ha condannato a 10 anni di reclusione. Sulla pena bisogna considerare il rito abbreviato e la sua posizione processuale di collaboratore.
Il pentito killer è stato anche condannato al risarcimento del danno a favore delle parti civili costituite da liquidarsi in sede civile. “La famiglia del Castorina – parte civile nel procedimento – esprime soddisfazione per una sentenza che, sebbene arrivi dopo oltre trent’anni dai fatti, riconosce che il Castorina Salvatore e’ stato una vittima di mafia”, commenta l’avvocato Gian Marco Gulizia.