Mafia, il Comandante Alfa: "Ho combattuto per la Sicilia migliore" - Live Sicilia

Mafia, il Comandante Alfa: “Ho combattuto per la Sicilia migliore”

Nato a Castelvetrano, il fondatore dei Gis racconta cosa vuole dire indossare il mephisto.

Una vita intera con il mephisto sul volto: per non farsi riconoscere e per proteggere se stessi e i propri cari. Chi entra nel Gis, il Gruppo intervento Speciale dei Carabinieri, sa che dovrà rinunciare a una parte della propria identità e a molte altre libertà. Le chiamano “teste di cuoio”, ma è un’espressione che a loro “dà noia”. Perché fuorviante, perché non dice tutto su quegli uomini chiamati a risolvere situazioni difficilissime. Il Comandante Alfa, fondatore di uno dei gruppi d’èlite che il mondo invidia all’Italia, è ormai in congedo. Da anni scrive libri per spiegare cosa sta dietro quel copricapo, per invogliare i più giovani a fare un passo in avanti. E lo fa sulla scorta di una storia umana e professionale che fa tremare le vene e i polsi. 

La Sicilia

Una storia che però va raccontata dall’inizio. Dalla Sicilia. Sì, perché il Comandante Alfa è un siciliano di Castelvetrano, la patria del super latitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro. Due vite parallele, due storie all’antitesi. Se non fosse andato via, probabilmente avrebbe militato anche lui dalla parte sbagliata. In certi casi la linea di confine è fin troppo sottile per non essere attraversata.

Il Comandante Alfa è stato nei scorsi giorni a Gravina di Catania, ospite del sindaco Massimiliano Giammusso e di Emanuele Mirabella della Pro Loco. Ne ha approfittato per raccontare la sua storia. “Ero un ragazzo scapestrato, uno di quelli che ha fatto prendere tante collere ai propri genitori. Ma grazie a loro e a mio nonno, ho scelto la parte giusta”, ha detto. 

“Ho riflettuto sui loro insegnamenti e ho deciso la mia strada: combattere quei personaggi, quei vigliacchi che colpiscono alle spalle. Ho speso tutta la vita a lottare contro questi signori”. Il Comandante Alfa non batte un ciglio mentre parla. Gli occhi sono l’unica parte del volto a rimanere scoperta. Ha indossato il mephisto più di quarant’anni fa e non lo ha più abbandonato. Gli uomini del Gis si occupano di situazione estreme: pronti a intervenire 24 ore su 24, se c’è da liberare ostaggi, catturare un criminale di guerra (la Corte dell’Aia si appoggia a loro) o stanare un latitante. 

Il mephisto

Soltanto una volta, durante un’azione, ha tolto il mephisto: per non spaventare la piccola Patrizia, liberata dalle mani dei rapitori. Uno strappo alla regola, ma necessario. Tuttavia è pronto a farlo un’altra volta: qualora riuscisse a mettere la mani sul suo alter ego, Messina Denaro. “Lo farei per dirgli che sono io, che sono di Castelvetrano. Vorrei essere io a mettergli le manette affinché si sappia che Castelvetrano non è più sua. Qualora decidesse di costituirsi, vorrei che lo dicesse a me. Lo verrei a prendere con piacere”. Non scherza, il Comandante Alfa. Perché se ha un rammarico, è proprio quello di non averlo catturato nonostante tanti sforzi.

La più grande soddisfazione riguarda però sempre la sua terra. Eccolo: “Come siciliano, sono orgoglioso di aver ricevuto l’Ordine militare d’Italia, la più alta onorificenza che può avere un uomo in divisa. Sono stato decorato anche con la Croce al merito dell’Arma dei Carabinieri. Queste due medaglie – racconta – mi bastano. Sono soddisfazioni, è ovvio. Ma ciò a cui tengo di più è l’essere stato insignito del titolo di Eccellenza di Castelvetrano”.

Un’emozione

E il ricordo torna ancora alle origini. “Alla cerimonia c’era mia madre, che dopo pochi mesi morì; mio padre, invece, non c’era più da tempo. Era in prima fila. Le avevo detto – ricorda il comandante del Gis – di non dire a nessuno che fossi suo figlio, per non crearle problemi. Ma lei l’ha detto a tutti, non riusciva a trattenersi. E io la capivo. In fondo, va bene così: non avrei potuto darle una soddisfazione più grande”.


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