L'omicidio di Mauro De Mauro | Assolto Totò Riina - Live Sicilia

L’omicidio di Mauro De Mauro | Assolto Totò Riina

Il boss Totò Riina

Un delitto senza colpevoli. Un mistero lungo quarantatré anni e destinato a restare tale forse per sempre. La Corte d'assise d'appello ha confermato l'assoluzione del padrino corleonese, unico imputato per l'omicidio del giornalista de L'Ora.

la sentenza di secondo grado
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PALERMO – Un delitto senza colpevoli. Un mistero lungo quarantatré anni e destinato a restare tale forse per sempre. La Corte d’assise d’appello ha confermato l’assoluzione di Totò Riina, unico imputato per l’omicidio del giornalista Mauro De Mauro. Il cronista del quotidiano L’Ora fu sequestrato e ucciso la sera del 16 settembre 1970. A nulla sono servite, in primo e secondo grado, le dichiarazioni di alcuni pentiti storici, da Tommaso Buscetta a Gaspare Mutolo, da Francesco Marino Mannoia a Francesco Di Carlo.

Un caso senza colpevoli, dunque, ma con tanti buchi neri e depistaggi. Lo avevano sottolineato i pubblici ministeri di primo grado: “Non fu solo Cosa nostra a volere la morte del cronista de L’Ora c’erano anche altri ambienti e personaggi interessati, altre organizzazioni non mafiose alleate con Cosa nostra: dalla massoneria deviata alla destra eversiva golpista, dai servizi segreti infedeli a un certo mondo della finanza e della politica”. E lo aveva ribadito il procuratore generale Luigi Patronaggio che aveva chiesto di ribaltare l’assoluzione infliggendo l’ergastolo a Riina. Secondo il pg, il movente del delitto sarebbe stata la scoperta da parte del giornalista del progetto di golpe del principe Valerio Borghese e il coinvolgimento nel piano di Cosa nostra.

Era questa una delle piste suggerita dal collaboratore Di Carlo. Mutolo, Buscetta e Grado ipotizzarono, invece, che lo scoop che qualcuno volle fermare riguardava la morte del presidente dell’Eni Enrico Mattei, deceduto il 27 ottobre 1962 nell’esplosione dell’aereo che lo stava riportando a Milano dopo una visita in Sicilia. Una ipotesi accolta in pieno anche dai giudici di primo grado che mandarono Riina assolto. “La causa scatenante della decisione di procedere al sequestro e all’uccisione di Mauro De Mauro – si leggeva nella motivazione – fu costituita dal pericolo incombente che stesse per divulgare quanto aveva scoperto sulla natura dolosa delle cause dell’incidente aereo di Bascapè, violando un segreto fino ad allora impenetrabile e così mettendo a repentaglio l’ impunità degli influenti personaggi che avevano ordito il complotto ai danni di Enrico Mattei, oltre a innescare una serie di effetti a catena di devastante impatto sugli equilibri politici e sull’immagine stessa delle istituzioni”. I giudici andarono oltre, tirando pesantemente in ballo l’ex dirigente dell’Eni ed ex senatore dc Graziano Verzotto, ormai deceduto. Sarebbe stato lui a chiedere l’intervento dei mafiosi per bloccare lo scoop di De Mauro su Mattei. E allora, nel 1970, a reggere le redini di Cosa nostra erano ancora i boss palermitani e non i corleonesi di Totò Riina. Da qui l’assoluzione del capo dei capi, oggi confermata.

In mezzo ci sono, però, i presunti depistaggi. Tanto che fu lo stesso presidente della Corte d’assise di primo grado a disporre la trasmissione in Procura della deposizione, fra gli altri, del superpoliziotto Bruno Contrada, che ha finito di scontare una condanna a dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Gli investigatori hanno fatto notare la presenza incombente dei servizi segreti. Di certo c’è che gli appunti di De Mauro sul caso Mattei scomparvero nel nulla. Qualcuno li aveva trafugati dal cassetto del giornalista.

E a parlare di depistaggi era stato pure il difensore di Riina, l’avvocato Luca Cianferoni, per chiedere l’assoluzione dell’imputato. “Questo è un processo politico costituito da depistaggi e voluto dallo Stato, siate sereni nell’opporvi a queste ricostruzioni e confermate l’assoluzione di primo grado perché non c’è un solo elemento sul quale costruire l’accusa”, aveva detto nella sua arringa. Secondo l’avvocato del boss di Corleone, “il delitto De Mauro fu messo in piedi in fretta e furia, organizzato ed eseguito da Stefano Bontade, uomo d’onore in contatto con la Cia. Riina di quell’omicidio non sapeva nulla. De Mauro, senza volerlo, si era infilato in un ginepraio, scoprendo che la Cia era presente in Sicilia e proprio in Bontade aveva un suo sicuro contatto. Riina è praticamente diventato il parafulmine di tutte le stragi possibili ma certamente prove penalmente rilevanti su una sua responsabilità decisionale, di pianificazione e di esecuzione materiale dell’omicidio, non ce ne sono”. La Corte d’assise d’appello gli ha dato ragione.


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