PALERMO – Il 3 dicembre 2012 Antonino Di Marco, Nicola Parrino e Pasqualino D’Ugo escono da un palazzo di largo Calatafimi, a Palermo. È la sede della segreteria politica dell’onorevole Nino Dina, che un mese e mezzo prima è stato rieletto all’Ars. Oggi scopriamo che sono tre dei cinque arrestati nel blitz antimafia dei carabinieri. Quello di dicembre – all’epoca i tre risultavano incensurati – è l’ultimo di una serie di incontri finiti nelle carte dell’inchiesta.
Dina non è indagato. Una scelta dettata dal fatto, spiegano gli investigatori, che all’epoca dei fatti non era entrato in vigore il nuovo articolo sullo scambio elettorale politico-mafioso che punisce non più chi “ottiene la promessa” ma chi “accetta la promessa” di voti ed estende lo scambio ad altra “utilità” invece che alla sola “erogazione di denaro”.
Bisogna ricordare che il consenso ottenuto da Dina tra Corleone e Palazzo Adriano non è andato oltre una manciata di voti, come emergerebbe dalle parole degli stessi indagati. Resta, però, nero su bianco il capitolo dell’inchiesta che descrive quelli che vengono definiti ”i legami della famiglia mafiosa con l’onorevole regionale Nino Dina”.
“Sulla presenza nella mia segreteria politica di uno degli odierni arrestati potrò riferire subito anche ai magistrati – spiega Dina in una nota – anticipando che tale soggetto non è mai stato un mio referente politico e che darò anche evidenza dei motivi della sua presenza, fornendo dettagli appena concluderò le verifiche che ho avviato in segreteria. Infine, a scanso di ulteriori equivoci, voglio chiarire che anche a Corleone, paese di 12 mila abitanti, ho preso un numero di voti modesto (130 voti) e che sia in questo citato comune che a Palazzo Adriano i miei referenti politici sono semmai consiglieri e assessori comunali titolari del risultato raggiunto”.
L’inizio dei contatti viene fatto risalire alla campagna elettorale del 2012, al termine delle quali Dina sarà rieletto nelle file dell’Udc. Il 19 maggio di quell’anno, nel corso di una telefonata tra Di Marco e Parrino viene fuori che Dina è atteso a Palazzo Adriano. I due, per incontrarlo, si avvalgono della collaborazione di Gaspare Caruso. Di Marco: “Se noi altri becchiamo a Gasparino, visto che Gagliano e Vincenzo Vaiana (sono vice sindaco e assessore del Comune in provincia di Palermo e anche sul loro operato la Procura getta pesanti ombre ndr) hanno queste riunioni con Nino Dina, oggi vanno a pranzo… se riusciamo lui a tenerlo là a lui… manco mangio, mi metto in capo alla macchina, ti telefono, ti dico amunì che andiamo che portiamo questi caffè ai cristiani che stanno mangiando. Io sono in condizioni di parlare con Nino Dina, per fargli questo discorso…”.
La richiesta di Di Marco a Caruso è esplicita: “E lo capisco che vai correndo, e che vuoi, il tempo per oggi è questo… quindi tu, cerca di trattenerlo verso, fino alle due e mezza alle tre che io tempo che timbro e sono là, capisci? che devo parlare con lui”. Più tardi Parrino parla con Caruso: “Noi siamo qua in capo, tirati, tirati qua a metà strada ad andare qui davanti a Nino, a Enzo e a Nicola Gagliano. Che salutiamo e ce ne andiamo dai. Qua siamo”.
La conferma che l’incontro sia avvenuto arriverebbe da due telefonate fra Di Marco e la moglie alla quale dice di essere in compagnia dell’onorevole che le manda i saluti. L’incontro del 19 maggio segnerebbe l’avvio dell’intensificarsi dei contatti: la famiglia mafiosa avrebbe progettato di stringere ulteriormente i legami con l’onorevole. “Il vivo interesse di Di Marco e gli affiliati – si legge nelle carte dell’inchiesta – emerge in maniera esplicita dal momento in cui si registrano diverse conversazioni durante le quali i sodali discutono di voler appoggiare la campagna elettorale dell’onorevole Dina e nei diversi incontri che gli stessi affiliati avranno con il predetto onorevole. Ulteriore dato significativo, come si vedrà, sarà il successo di Dina alle elezioni regionali siciliane e verrà commentato con chiara soddisfazione tra i sodali, i quali ad avvenuto insediamento, si organizzeranno per avere un incontro con quest’ultimo”.
La scelta di appoggiare Dina, piuttosto che altri candidati, viene discussa il 25 settembre 2012 da Di Marco e Masaracchia (anche lui è finito in cella). Quest’ultimo, dipendente della Forestale, rivela che il suo direttore gli avrebbe chiesto di orientare verso un unico candidato il loro consenso elettorale. Di Marco, dal canto suo, spiega a Masaracchia di aver incontrato Dina nei pressi della Regione siciliana: “Io per dirti la verità l’altro giorno sono sceso a Palermo… e, mentre che mi trovavo a passare davanti alla Regione, è uscito Nino Dina. Mi ha detto: ‘Mi raccomando organizza lì con i picciotti, dice, e vediamo dice. Gli ho detto Nì, fammi sapere quando tu, devi venire, se devi andare a Palazzo Adriano, mi telefoni, ci vengo insieme io” .
“Ma lui ha affermato già la cosa?”, gli chiede Masaracchia. Risposta: “Sì, sempre con l’Udc. Poi hanno recuperato assieme tutte cose, siccome c’è speranza, almeno, a tutto quello che si capisce, che Totò (Cuffaro ndr) un altro anno dovrebbe uscire fuori. Capisci? Perché tra buona condotta, tra appello che gli hanno fatto, ci potrebbe essere di nuovo questa speranza. Però mi ha detto, organizzati, dice, e vedi come dobbiamo fare. Gli ho detto tu, scuotiti questa camicia, gli ho detto tu quando è ora, ho detto, che tu devi andare a Palazzo Adriano me lo fai sapere, gli ho detto, che io, gli ho detto, parlo con i picciotti e loro ti fanno trovare, gli ho detto, il piatto apparecchiato”.
Masaracchia preferirebbe che Di Marco fosse più esplicito con l’onorevole: “Tu con Dina devi cercare di parlarci chiaro. Gli devi dire io Nino l’aiuto te lo da, però ricordati che poi io ti vengo a cercare”. Di Marco lo tranquillizza: “Vedi che io sono tutto calmo. Io per me, a lui, una volta a lui e anche a Totò, dentro la presidenza, li ho fatti piangere, gli ho detto… tutti e due non sono venuto mai a chiedere una cosa, mai. Però, gli ho detto, a ora di votazioni sapete dove sta Nino. Ad ora che tu hai bisogno di interpellarlo lo sai dov’è che è Nino. Come mai lo sai? Capisci? Io a Nino, quando fu della mangiata là, io gliel’ho detto, ricordati una cosa, capisco i tempi che sono, ma una minima cosa non te la scordare, quando c’è di bisogno, gli ho detto, fatti avanti. Mi ha detto, non ci sono problemi. Gli ho detto, io ti metterò alla prova, poi ci sono andato di nuovo, per un’altra cosa, gli ho detto, non ti pare che me lo sono dimenticato, difatti gli ho chiesto una cosa per una persona, lui non mi ha telefonato, però, io so che gliel’ha fatta già”.
Il 29 ottobre 2012, il giorno successivo alle elezioni regionali, Parrino contatta Caruso per informarsi sui risultati: “Non è che lui ha… venti voti, cinquanta voti… eh… eh… capiresti, capiresti che se fosse per tutti e due… (di fatto sminuirebbe l’apporto dato all’elezione di Dina, consistito in soli 50 voti) certo una cosa… noi altri… una piccola soddisfazione c’è… nel senso che… intanto Nino è il primo là, tra… tra i candidati dell’Udc”. Quindi Parrino avverte Di Marco: “Che ti do una notizia… Ma cos’è… eh… l’amico nostro eh… diciamo che è quasi il primo eletto…”.
È lo stesso Di Marco a svelare cosa lo spinga a stringere i rapporti con Dina. Si è convinto che l’aggancio con il deputato regionale può essere utile per condizionare la vita amministrativa di Palazzo Adriano. E così quando i due assessori Vaiana e Gagliano, vengono accusati non condividere in pieno i progetti della famiglia mafiosa, Di Marco si dice pronto a giocarsi l’asso nella manica: “La vuoi sapere tu una cosa?Io sono in grado di fare pure un’altra cosa, non è che ti sembra che non ci riesco: A tutti e due farli chiamare da Nino Dina, andateci là un giorno e gli dimostrano a Nino chi sono e chi non sono io”.