PALERMO – Dal presunto mafioso al lavaggista, dal dipendente Amia al pregiudicato. Ecco chi sono i quattro arrestati nel blitz dei carabinieri di Trapani che hanno completato il quadro dei partecipanti alla maxi rapina che sarebbe servita anche a finanziare la latitanza di Matteo Messina Denaro.
Giorgio Provenzano
Dal giugno 2014 Giorgio Provenzano, 29 anni, si trova in carcere con l’accusa di essere stato il capo decina del clan di Bagheria. L’accusa di avere organizzato e finanziato la rapina al deposito Tnt di Campobello di Mazara complica la sua posizione processuale. Il suo grande accusatore è il collaboratore di giustizia Salvatore Lo Piparo che da Provenzano era stato combinato. “Mio parrino”, lo chiama infatti. Lo Piparo sarebbe stato contattato da Ciro Carrello, Ruggero Battaglia e Mimmo Amari per trovare un aggancio con la mafia trapanese e ricevere il benestare per il colpo. “… io mi faccio dare il via libera da là”, avrebbe detto Provenzano. Un altro pentito, Benito Morsicato, ha rincarato la dose: “… è mio cognato… è capo decina del mandamento di Bagheria… ha investito un po’ i soldi… per fare sia i giubbottini della polizia, perché la rapina è stata fatta vestiti da poliziotti, con passamontagna… Provenzano, se non ricordo male… in quella occasione parlò con Guttadauro, con il figlio mi sembra che si chiama Francesco”.
Michele Musso
Nel curriculum criminale di Michele Musso, 37 anni, ci sono precedenti per rapina, lesioni personali, porto illegale di armi, sequestro di persona e furto. Benito Morsicato lo piazza tra gli esecutori materiali della rapina e lo identifica come “il proprietario del lavaggio… che poi lo ha venduto questo lavaggio, che si trova di fronte una comunità, una casa d’accoglienza per bambini, mi ricordo benissimo”, a Brancaccio. Morsicato gli attribuisce il ruolo di “braccio forte della situazione… è quello un po’ più altino, più possente in senso…dove fanno scudo diciamo in caso di qualcosa, è lui che prima li acchiappa, e tipo li immobilizza e poi…”. Sulla base del racconto del collaboratore di giustizia, Musso avrebbe partecipato anche a un colpo ai danni di un ufficio postale: “… io mi recai a Brancaccio in una piazzetta perché lui adesso il lavaggio se l’è venduto, da un pezzo… e mi disse, dice: come semu misi, l’hamu a fari sta rapina, giù tu i sopralluoghi l’hai fatti… che già li avevo fatti, già so il direttore a che ora viene, gli impiegati…”.
Domenico Amari
Domenico Amari, 41 anni, aveva partecipato alla preparazione del colpo, sin dalle fasi in cui venne chiesto a Provenzano di farsi autorizzare dai trapanesi. Al momento di entrare in azione, però, il suo apporto venne meno. A metà ottobre del 2013, infatti, Amari era finito in carcere perché considerato componente di una banda che prendeva di mira gli autotrasportatori. Quando arrivò il momento di dividere il bottino dell’assalto di Campobello, ha racconta Morsicato, si ricordarono di lui: “… hanno fatto una piccola colletta, diciamo, quando è stato diviso tutto il malloppo e c’hanno fatto un regalo… doveva essere pure lui a partecipare in questa rapina, poi successe quell’inconveniente che fu arrestato ed era giusto che si ci dava qualcosa perché era detenuto e aveva partecipato anche un po’ alla cosa preparatoria”
Alessandro Rizzo
Alessandro Rizzo, 37 anni, ha la posizione meno pesante e gli sono stati concessi i domiciliari. Gli viene contestata la ricettazione della merce rubata a Campobello. Dalla vendita avrebbe ricevuto una parte imprecisata di soldi. “Non ha partecipato alla rapina, ha partecipato al carico e scarico perché mi ricordo di lui – ha messo a verbale Morsicato – perché mi disse che un collega suo era di Bagheria… lui lavora all’Amia, mi sembra, lavora e c’ha un Sh ed era luogo frequentare il lavaggio di Michele… si è interessato anche alla vendita della merce”.