PALERMO – Giuseppe Dainotti ha rischiato di essere ammazzato tre anni fa. Il boss Giovanni Di Giacomo lo voleva morto già nel 2013. Quando il killer ergastolano del gruppo di fuoco di Pippo Calò seppe che Dainotti stava per essere scarcerato ordinò al fratello Giuseppe di sbarazzarsi perché “è uno che mette tragedie”.
Forte del suo passato e della sua parentela (era zio di Tommaso Lo Presti, reggente del mandamento di Porta Nuova) Dainotti rappresentava un ostacolo nella scalata al potere mafioso di Giuseppe Di Giacomo. Una scalata che nel 2014 sarebbe stata frenata con il piombo in via Eugenio l’Emiro, alla Zisa, nello stesso quartiere dell’agguato di stamani.
Il 17 maggio 2013 durante un colloquio in carcere Giovanni Di Giacomo suggeriva al fratello di sbarazzarsi di Dainotti con l’appoggio di Onofrio Lipari.E doveva essere pronto a tutto perché Tommaso Lo Presti avrebbe reagito con fermezza. Il 26 agosto del 2013 l’ergastolano inviava al fratello un fax dal carcere: “capisci cosa vogliono i nuovi e ti regoli di conseguenza ma sottolinea che te la sbrighi tu. Un bacione tuo Giovanni”. I carabinieri decisero che era meglio intervenire per fermare la guerra di mafia. Ed ancora: “Pinù non ti scordare… Peppino (Giuseppe Dainotti, ndr)… lo sai quello che avevo pensato io…quando lui… si dà da fare ed esce… gli dici… mi ha detto mio fratello… sbrigati tutte… io però sono qua… al lato di te… e lo fai muovere… quando è… decidiamo noi altri”.
Masino Lo Presti, Giovanni Di Giacomo ed Onofrio Lipari sono tutti in carcere. Giuseppe Di Giacomo è morto. E così pure Dainotti che per mano sua doveva morire. Chi oggi è in grado di commissionare un omicidio? Chi ha ucciso Dainotti ha portato a termine il progetto di tre anni fa oppure Dainotti era tornato a fare la voce grossa dopo essere tornato in libertà? A Porta Nuova, fra scarcerazioni eccellenti – quella di Dainotti non è l’unica – le tensioni, passate e presenti, sono riesplose. Dainotti ha fatto la storia del clan di Porta Nuova. Condannato per droga al maxiprocesso e per riciclaggio nel 2003. Nella sua abitazione furono sciolti i gioielli rubato nel mega colpo al Monte di Pietà. Poi, arrivò l’ergastolo per la lupara bianca di Antonino Rizzuto.