29 Settembre 2020, 17:28
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Non basta avere subito una condanna per mafia e spaccio di droga per rimanere per sempre senza parente. Lo ha stabilito una sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa.
Ogni singolo caso va valutato caso per caso, anche perché la patente di guida serve anche per il reinserimento sociale.
Nel 2013 un uomo, dopo essere stato condannato per mafia, aveva subito la confisca dei beni e gli era stata imposta la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per un anno e mezzo e revoca della patente.
Finita di scontare la sorveglianza e trascorsi tre anni l’uomo ha chiesto il nulla osta per il conseguimento di una nuova patente di guida (leggi il caso del boss che andava in giro senza patente) . La prefettura di Agrigento ha respinto la richiesta, ritenendo necessario “un provvedimento di riabilitazione”.
In primo grado davanti al Tribunale amministrativo regionale il ricorso è stato bocciato. Secondo i giudici del Tar, “un soggetto sottoposto a una misura di prevenzione potrà ottenere la patente di guida purché sia stato riabilitato”.
Gli avvocati Salvatore Manganello e Luigi Fazio Gelata hanno sostenuto che nella norma del codice della strada che disciplina il rilascio della nuova patente a chi ha finito da tre anni di scontare la misura di prevenzione non sia contemplata la riabilitazione quale presupposto indispensabile.
Il Cga si è basato su una sentenza della Corte Costituzionale: “Con riferimento al venir meno dei requisiti morali per sopravvenuta condanna in materia di stupefacenti la Corte ha precisato che la revoca prefettizia non è un atto vincolato bensì un provvedimento facoltativo ed il Prefetto nell’esercitare la discrezionalità dovrà valutare la specificità dei singoli casi dando conto in motivazione degli elementi di fatto idonei a far ritenere che il possesso del documento di guida da parte del destinatario rappresenti una situazione di reale pericolo”.
Ed ancora: “La Corte nelle sentenze ribadisce che l’articolo del codice della strada è costituzionalmente illegittimo «nella parte in cui dispone che il prefetto ‘provvede’ – invece che ‘può provvedere’ – alla revoca della patente di guida nella mera presenza di uno dei fatti presupposti indicati nelle citate sentenze (condanna per fatti di droga, misure di sicurezza, misure di prevenzione)”.
Anche perché la patente di guida può essere “indispensabile al fine di consentire il reale reinserimento sociale del soggetto condannato per fatti di droga o raggiunto da misura di sicurezza o da misura di prevenzione” (leggi il caso dell’addetto alle patenti per sorvegliati speciali).
Insomma, la revoca della patente di guida da parte del prefetto non può essere automatica semmai “toccherà al Prefetto svolgere un’adeguata istruttoria che tenga conto non solo del presupposto, ma anche delle reali condizioni di vita del soggetto: dell’inserimento dello stesso nel mondo del lavoro, delle condizioni familiari ed, in generale, dei comportamenti di vita che siano indicatori del modo di interagire nella società civile e della conseguente sussistenza dei requisiti di affidabilità morale”.
Ecco perché la revoca della patente è stata annullata dal Cga così composto: Rosanna De Nictolis presidente, Nicola Gaviano, Sara Raffaella Molinaro, Giuseppe Verde (tutti consiglieri), Antonino Caleca consigliere, estensore.
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29 Settembre 2020, 17:28