Acireale, morte Agata Scuto: “Palermo ebbe una relazione con lei”

La morte di Agata Scuto: “Palermo ebbe una relazione con lei”

Sono state depositate le motivazioni della sentenza della Corte d'appello di Catania

CATANIA – Agata Scuto, la ragazzina 22enne portatrice di handicap sparita nel nulla il 4 giugno 2012 ad Acireale, sarebbe finita in una sorta di “una relazione clandestina” con Rosario Palermo. Il compagno della madre potrebbe averla messa incinta. E lei, nel diario dove annotava il suo ciclo mestruale, a un certo punto avrebbe scritto, per giustificare un ritardo, “mamma cornuta”. Sono alcuni dei passaggi della sentenza della Corte d’appello di Catania, che ha confermato la condanna all’ergastolo per Palermo.

La sentenza della Corte, presieduta da Rosa Anna Castagnola, consigliere estensore Stefania Scarlata, è stata depositata. Era uscita a luglio, ora sono note le motivazioni. La Corte ha accolto la tesi del Pg Antonio Nicastro, confermando il verdetto di primo grado, emesso dalla Corte d’assise.

Le obiezioni difensive

Nelle motivazioni, si risponde a ogni punto sollevato dalla difesa di Palermo. Uno dei punti emersi nell’istruttoria riaperta in appello, riguardava il fatto che Palermo non potesse avere figli all’epoca della sparizione di Agata. Sul punto è stata effettuata una perizia.

Il perito, si legge nelle motivazioni della Corte, è stato chiarissimo. “E’ impossibile stabilire (…) sulla base di un esame ecografico e di un esame di laboratorio effettuati ben 7 anni dopo”. Dunque non è possibile dirlo. I giudici hanno inoltre ricostruito quei giorni, il tentativo di Palermo di procurarsi un alibi. E le spiegazioni che ha fornito.

Agata era “incapace di autodeterminarsi”

Per i giudici appare “inverosimile ritenere che il Palermo, come da lui sostenuto, avrebbe vissuto alla luce del sole l’eventuale gravidanza di Agata nonché la nuova paternità che ne sarebbe conseguita”. Lui aveva sostenuto che “l’eventuale ulteriore figlio sarebbe stato da lui accolto cosi come gli otto figli in precedenza procreati, in quanto un figlio in più o un figlio in meno non avrebbe fatto differenza”.Ma questo per i giudici appare inverosimile perchè Agata era disabile. Era “incapace di autodeterminarsi e di condurre una vita normale ed era anche la figlia dell’allora convivente”.

Palermo ha inoltre sostenuto di aver cercato di crearsi un alibi per “comprovare con prove false delle circostanze veritiere per dimostrare la propria innocenza”. E vi era infine l’utilizzo di un bancomat di famiglia, usato dopo la sparizione di Agata. Per la difesa di Palermo avrebbe provato che lei era viva. Per la Corte, “non risultano in alcun modo dimostrativi dell’esistenza in vita di Scuto Agata nel suddetto periodo, atteso che i medesimi sono stati operati dal fratello”.

Con il deposito delle motivazioni da parte della Corte la difesa – Palermo in appello è difeso dall’avvocato Giuseppe Lo Presti – potrebbe presentare ricorso in Cassazione. In aula, va sottolineato, era presente la famiglia di Agata e l’associazione Penelope, difese dagli avvocati Alessia Modesti e Assunta Nicolosi.


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