SAN GREGORIO DI CATANIA (CT) – “La morte aspettava Marco dietro la porta”. Sono parole crude quelle che Concetta Borzellino utilizza per ripercorrere momento dopo momento il 12 febbraio 2010: il giorno in cui il figlio ha perso la vita. “E’ morto tra le mie braccia – racconta tornando indietro nel tempo – non sono riuscita ad arrivare alla macchina e portarlo in ospedale. Non abbiamo avuto il tempo”. Marco Moschetto aveva appena 19 anni, un giovane pieno di sogni, di passioni. Marco e Cetty erano uniti, erano legati da un filo che andava oltre il rapporto madre e figlio. “Io e lui siamo cresciuti insieme, io e suo padre ci siamo separati e Marco era tutta la mia vita. Lui diceva sempre che eravamo belli, felici e colorati”. Oggi questa madre può contare su una verità processuale che vede un medico di famiglia “colpevole” di aver tenuto una condotta di “grave negligenza e imperizia cagionando la morte del paziente”.
Quel paziente era Marco Moschetto che da due giorni soffriva di “vomito e nausea”. Il giovane quando era bambino era stato operato al cuore per sostituire la valvola aortica da parte di uno specialista di Parigi nell’ospedale di Taormina. “Un’operazione – come asserisce la madre – perfettamente riuscita e che ha permesso a mio figlio di avere una vita normalissima. Il cuore di mio figlio stava bene”. Dalla sentenza depositata nei giorni scorsi si evince che “Il 10 febbraio 2010 Cetty Borzellino chiamò il medico di famiglia Sebastiano Percolla che, essendo fuori sede, indicò un sostituto”. Marco non migliorò: Percolla rientrato il 12 febbraio alle 11.30 effettuò una visita domiciliare. Dagli atti emerge, così come confermato dai consulenti nominati dal giudice, “che il medico misurò la pressione, ma non effettuò alcun esame addominale”.
“Quando venne a visitare Marco – incalza Cetty Borzellino ripercorrendo quel maledetto giorno – Percolla gli prese il viso tra le mani e mi disse: ma non lo vede che sta già meglio. Ma Marco non migliorava allora decisi di portarlo in Ospedale. Chiesi a mia sorella di prendere la macchina e parcheggiare sotto casa. Marco, che era sdraiato sul divano della cucina, ha messo le scarpe, le ha allacciate e con lo stesso pigiama si è alzato, io lo sostenevo , è caduto una prima volta in salotto. Io lo esortavo: dai Marco, dai. Ho aperto la porta e ed è caduto. E’ caduto – una pausa prima di continuare – ed è morto tra le mie braccia”.
Cetty Borzellino non è andata neanche al funerale di suo figlio. Si è chiusa nella sua stanza per giorni e giorni. La vita fuori da quelle mura continuava , il suo cuore continuava a battere, eppure con Marco era andata via anche una parte di lei. Poi un foglio sul comodino, qualcosa ha scosso la sua anima di madre. Ha letto il referto del medico dell’ambulanza: la causa del decesso è collasso cardiaco.
Ha intrapreso la strada per conoscere la verità. La denuncia, la richiesta di riesumare il corpo e procedere ad una autopsia. “Marco Moschetto – si legge nella prima pagina della sentenza – è deceduto alle 15.18 del 12 febbraio 2010 a San Gregorio di Catania per collasso cardiocircolatorio secondario a grave progressivo infarcimento emorragico del colon, pancreatine acuta ed aritimia cardiaca post ischemica terminale”. Al tribunale di Mascalucia inizia il processo: seduto sul banco degli imputati Sebastiano Percolla. Concetta Borzellino, assistita dall’avvocato Giuseppe Lipera, si costituisce parte civile. Il 25 giugno arriva la condanna.
Centottanta pagine. E’ lunga quasi quanto un libro la sentenza con cui il giudice Alessandro Centonze ha condannato il medico per omicidio colposo. Un anno e dieci mesi di reclusione, pena sospesa, e 200 mila euro di risarcimento alla parte civile. Per il Tribunale penale di Catania Percolla “quale medico curante del 19enne con reiterate condotte caratterizzate da grave negligenza e imperizia professionale cagionava la morte del paziente”. Il giovane, dunque, sarebbe morto per la “mancata prescrizione di urgente ricovero ospedaliero” dovuta a una mancata diagnosi di un ileo paralitico e di un’emorragia del colon. 180 fogli bianchi il cui inchiostro riassume la parola giustizia. Il collegio della difesa rappresentato dall’avvocato Enrico Trantino e Ivan Albo hanno già annunciato il ricorso in secondo grado.
Per Cetty però resta ancora qualcosa in sospeso. Marco Moschetto era un pianista e un compositore. La musica era la sua grande passione, nel 2009 (pochi mesi prima della tragedia) partecipa ai corsi di Area Sanremo. “Non ho mai raccolto un foglio strappato – racconta a LiveSiciliaCatania la madre – lui si sedeva al piano e componeva, di getto”. Un talento che viene ricordato ogni anno nella città più importante per la musica italiana: a Sanremo viene conferito un premio al più giovane partecipante dei corsi di Area Sanremo dedicato proprio al 19enne scomparso. Per la madre questo non basta: “Sogno che una sua canzone possa essere cantata da un grande artista”.