PALERMO – Saverio Masi fu davvero stoppato dai suoi superiori quando era ad un passo dalla cattura di Matteo Messina Denaro? Un interrogativo inquietante a cui cercherà di dare una riposta la Procura di Palermo. Il procuratore aggiunto Maria Teresa Principato e il sostituto Maurizio Agnello hanno aperto un’inchiesta dopo la denuncia presentata dal maresciallo dei carabinieri. Il fascicolo al momento è ancora a carico di ignoti.
Masi riferì che nel marzo 2004, a Bagheria, mentre girava in auto, una macchina gli tagliò la strada. A bordo c’era, secondo il militare, Matteo Messina Denaro. Lo seguì fino ad una villa e scoprì che il latitante di Castelvetrano aveva un appuntamento con una donna. A quel punto Masi stilò una relazione di servizio. Il maresciallo, che ora è nella scorta del pm Nino Di Matteo che indaga sulla trattativa Stato-mafia, avrebbe chiesto l’autorizzazione a proseguire le indagini, ma i superiori gli avrebbero chiesto di cancellare dalla relazione l’identità del proprietario della villa e quella della donna.
Nei giorni scorsi Masi, testimone al processo sul presunto e scellerato patto fra boss e pezzi delle Istituzioni, è stato condannato per falso materiale e truffa a sei mesi dalla corte d’appello di Palermo per una vicenda legata a una contravvenzione. Avrebbe cercato di farsi togliere una multa, producendo una relazione in cui si attestava che al momento dell’infrazione era in servizio con l’auto privata. Dopo la sentenza, Masi incassato la solidarietà del movimento delle Agende Rosse. Alcuni hanno accolto la lettura del dispositivo urlando “vergogna, vergogna”.