TRAPANI – Qualche ripetuto “non ricordo”, e un racconto che ha contraddetto il contenuto delle intercettazioni, e poi la difesa dell’imputata, l’ex sottosegretario alle Infrastrutture nei governi Renzi e Gentiloni, l’ex senatrice palermitana Simona Vicari. Imputata di corruzione nel secondo troncone dell’indagine “Mare Monstrum”, l’indagine dei carabinieri di Trapani sulla cosiddetta “tangentopoli del mare” che ha soprattutto riguardato la gestione dei fondi pubblici regionali ai trasporti marittimi.
Al centro della vicenda giudiziaria che tocca l’ex senatrice Vicari, l’approvazione da parte del Parlamento di Roma, nel 2016, di un emendamento all’interno della legge Finanziaria 2017 che introduceva l’Iva sui biglietti passeggeri del trasporto marittimo veloce, applicandola al 5 per cento e non al 10 per cento come inserito nella prima bozza del provvedimento legislativo. Un favore alle compagnie navali, e dall’altro lato un danno economico per lo Stato per mancati introiti nell’ordine di decine di milioni di euro.
A “pilotare” l’esito finale di questa vicenda legislativa ci sarebbe stato Ettore Morace, l’armatore della Liberty Lines: l’ex sottosegretario Vicari sarebbe stata il suo punto di riferimento. A Natale 2016 alla Vicari, Morace fece arrivare un orologio Rolex dal valore di quasi cinquemila euro. Per i magistrati sarebbe la prova della corruzione, il contraccambio al favore reso.
A mettere in collegamento Morace e Vicari sarebbe stato l’ex deputato napoletano Marcello Di Caterina. Anche per lui in regalo nella stessa occasione natalizia ci fu un Rolex. Nella prima fase dell’inchiesta “Mare Monstrum”, Di Caterina venne indagato, ma poi la Procura di Palermo, prima di trasferire la titolarità dell’indagine a Trapani, chiese e ottenne dal gip l’archiviazione.
Da ex indagato quindi Marcello Di Caterina, deputato dal 2008 al 2013, personaggio vicino all’ex ministro ai Trasporti Maurizio Lupi, tanto da essere il capo della sua segreteria al ministero e poi consulente del gruppo parlamentare Ap-Ncd, ha deposto oggi in tribunale a Trapani (collegio presieduto dal giudice Daniela Troja). Lui è stato il primo teste ad essere sentito nel processo scaturito dal secondo troncone dell’indagine “Mare Monstrum”.
L’inchiesta che divenne pubblica nel maggio 2017 con arresti e avvisi di garanzia. Tra i destinatari della misura cautelare vi furono l’allora armatore della Liberty Lines Ettore Morace (uscito dal procedimento con due patteggiamenti per l’accusa di corruzione) e l’allora deputato regionale Girolamo Fazio, imputato in altro processo. Quello nel quale oggi ha testimoniato Di Caterina riguarda dopo una sfilza di archiviazioni solo tre imputati: l’ex sottosegretario Simona Vicari, presente in aula, difesa dall’avvocato Enrico Sanseverino, e ancora l’ex direttore del dipartimento Trasporti della Regione, Salvatrice Severino, e Giuseppe Montalto, all’epoca dei fatti segretario particolare dell’assessore regionale alle Infrastrutture e Trasporti Giovanni Pistorio (assenti all’udienza).
L’indagine “Mare Monstrum” mise in evidenza i rapporti stretti tra politica e affari del mare: nella tesi dell’accusa soldi pubblici sfuggiti al controllo attraverso mazzette e che sarebbero stati gestiti direttamente, grazie a precisi appoggi politici, dagli armatori Vittorio ed Ettore Morace, padre e figlio, il primo di recente deceduto e comunque rimasto fuori dai procedimenti per la riconosciuta incapacità a partecipare per le sue condizioni di salute diventate cagionevoli subito dopo l’esplodere dell’inchiesta. Morace senior aveva nel frattempo lasciato Trapani, dove era stato anche patron della squadra di calcio, preferendo il ritorno in Spagna. Lasciò tutto nelle mani del figlio, ex amministratore delegato della Tirrenia.
L’udienza di oggi ha messo in evidenza l’esistenza di queste relazioni. Rapporti intimi che potrebbero anche spiegare come su alcune domande l’ex deputato Di Caterina ha risposto con il “non ricordo”, e su altre ha portato su altri politici le responsabilità di quell’emendamento a favore dell’Iva scontata, distogliendole da Vicari.
Di Caterina ha risposto alle domande del pubblico ministero Franco Belvisi. Rapporto d’amicizia forte con Morace, tanto che i due si chiamavano reciprocamente “Ettoruccio” e “Marcellino”, così per giustificare i loro frequenti contatti. Sulla questione Iva, Di Caterina ha risposto dicendo che “era uno degli argomenti delle loro discussioni” e che “Morace non sarebbe stato l’unico beneficiario”. Sull’aliquota di applicazione ha detto che c’erano resistenze perché “se fosse stata posta al 5 per cento e non al 10 lo Stato ci perdeva” ma poi non ha saputo spiegare perché rimproverò l’altro armatore siciliano Franza, quando questi chiamò direttamente Lupi per rivendicare l’Iva al 10 per cento. A domanda del pm sul punto, Di Caterina ha infilato uno dei suoi “non ricordo”, non ha ricordato se davvero rimproverò Franza, così come ha detto di non ricordare la reazione contrariata del parlamentare Garofalo, deputato messinese dell’Ncd, il firmatario dell’emendamento dell’Iva al 5 per cento, che secondo le indagini buttò all’aria le carte dopo l’intervento di Franza su Lupi.
Dalle intercettazioni sono emersi particolari come quello secondo il quale Morace sarebbe stato in possesso delle copie degli emendamenti alla Finanziaria 2017: anche qui altro “non ricordo”, ma poi il teste ha spiegato che di solito sono carte che girano tra i parlamentari quindi nulla di strano se fossero anche nel possesso dell’amico armatore. E sui contatti diretti tra Morace e la Vicari, la risposta negativa netta: insomma, se contatti ci sono stati sarebbero stati “a sua insaputa”.
Sulla proposta dell’Iva, l’ex deputato ha invece detto che la posizione del governo e quindi della Vicari era a favore del 10 per cento. Rispondendo a Sanseverino, Di Caterina ha escluso interventi del sottosegretario (“Non ricordo proposte a firma della senatrice Vicari”) e poi che sull’introduzione dell’Iva sui biglietti “c’era stata anni prima quando lui era al ministero con Lupi, una procedura d’infrazione promossa dall’Unione europea”.
Ma l’emendamento passò in Commissione e diventò norma. L’ex deputato napoletano non ha potuto smentire il contenuto della telefonata con Ettore Morace. L’intercettazione è chiara, lui disse a Morace: “E’ come se il Trapani sia salito in serie A”. Morace rispose: “Non è così, è come se avesse vinto la Champions League”. “Ci tenevo – ha detto in Tribunale – perché la consideravo una cosa giusta”. E poi quel regalo di Natale, il Rolex giunto a casa con gli auguri di Ettore Morace. “Rimasi sorpreso, non turbato. Chiamai Morace e mi spiegò che passeggiando per Palermo con sua moglie si era comprato lui il Rolex e a quel punto aveva pensato anche a lui”. Il Rolex a Di Caterina fu sequestrato dai carabinieri nel corso di una perquisizione dopo l’esplodere dell’indagine.
L’accusa di corruzione sull’ex sottosegretario Vicari riguarda anche un altro aspetto sempre di favore reso a Ettore Morace, cioè la mancata nomina a consulente della commissione Trasporti all’Ars di Giuseppe Prestigiacomo. Personaggio inviso all’armatore trapanese. Le intercettazioni hanno svelato che fu proprio Di Caterina a consigliare a Morace di parlare direttamente con Vicari, considerato che a proporre la nomina a Palermo era stato un deputato regionale dell’Ncd. Ma anche in questo caso l’ex parlamentare ha risposto con un “non ricordo”.
Avvicinata a fine udienza, l’ex sottosegretaria Vicari ha ribadito di non essere mai intervenuta per far diventare legge l’Iva al 5 per cento per i biglietti passeggeri dei trasporti marittimi nell’ambito della Finanziaria 2017. “La proposta non fu mia, e su quell’emendamento ci fu il via libera del ministero dell’Economia”, dice. Agli atti dell’indagine però c’è una sua nota comparsa sul proprio blog con la quale annunciava con toni trionfalistici l’approvazione dell’emendamento, e c’è anche il contenuto della telefonata con Ettore Morace, segnata da “non ce ne è per nessuno”, nel senso che la sua azione era passata e le resistenze erano state vinte.