“Il copione di queste tragedie è sempre lo stesso. I giornali scrivono sempre lo stesso pezzo. E noi tutti non avvertiamo la gravità del pericolo. C’è quasi sempre un uomo che non si rassegna a vedere la ‘sua’ donna indipendente. Incapace di capire che quando cessa l’amore si possono avere rapporti civili e ognuno può decidere la propria strada, la propria vita”.
Nelle parole di Mauro, fratello di Marisa Leo, uccisa dal suo ex compagno che si è suicidato, risuona quasi una terribile e logica ‘profezia’. Mentre celebriamo, con dolente affetto, la vita di una donna, strappata via da un maschio violento – una ragazza luminosa, protagonista di un intenso video-appello (nella foto) – c’è un’altra donna, chissà dove, che cammina, che respira, che sorride: la possibile e futura vittima di un nuovo femminicidio. Ha ragione Mauro: ci atterremo, senza cinismo, al solito copione. Ma, verosimilmente, lo replicheremo, con impotenza e rabbia.
Non è un mondo perfetto, né lo sarà mai. Ci saranno ancora omicidi, incidenti, catastrofi e tragedie, come un calco di altri eventi accaduti. E non fermeremo il meccanismo del male che si rinnova, semplicemente mettendo le mani avanti.
Ma c’è un passaggio nell’intervista del fratello di Marisa Leo che ci ammonisce: “Noi tutti non avvertiamo la gravità del pericolo”. Sono parole che chiamano in causa una sensibilità collettiva, nonostante tutto, ancora attutita rispetto a un fenomeno preoccupante nella casistica e immane in ogni sua singolarità.
Quei segnali non vanno più socialmente sottovalutati. Ecco il monito che va perfino oltre la storia atroce di cui si parla, una vicenda che ha ferito la vicinanza di tanti. Intercettare la violenza prima che esploda, con una maggiore consapevolezza, è una strada che dipende dagli sguardi di ognuno, dall’attenzione, dalla sensibilità.
Altrimenti il caro nome di Marisa indicherà, al tempo stesso, la brutalità dell’ultimo femminicidio e l’annuncio del prossimo.