Finisce davanti al Tar lo scontro sull’applicazione della legge votata recentemente dall’Assemblea regionale siciliana che impone ai deputati (ma anche agli assessori e ai consiglieri comunali) l’obbligo di dichiarare la loro eventuale appartenenza alla massoneria. I deputati regionali Antonio Catalfamo e Eleonora Lo Curto hanno presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale contro la comunicazione con la quale il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, ha reso noto che i due parlamentari non avevano presentato la dichiarazione prevista dalla norma.
Il ricorso – firmato dagli avvocati Enzo Palumbo, Andrea Pruiti Ciarello e Rocco Todero – contesta il “carattere discriminatorio” dell’obbligo di dichiarare l’appartenenza a “associazioni massoniche o similari che creino vincoli gerarchici, solidaristici o d’obbedienza”. Secondo i due deputati, la comunicazione di Micciché violerebbe il loro “diritto di associarsi liberamente, tutelato dalla Costituzione e dalla normativa europea” e la loro privacy. Sono le stesse motivazioni con cui i due parlamentari avevano votato contro la legge regionale promossa da Claudio Fava, presidente della commissione regionale antimafia.
L’opposizione alla norme era stata anche al centro di un convegno organizzato dal Grande Oriente d’Italia proprio a Palazzo dei Normanni, sede dell’Ars. Nel ricorso al Tar vengono sollevate due questioni di legittimità costituzionale delle quali il tribunale amministrativo dovrà valutare la “non manifesta infondatezza”. In tal caso gli atti sarebbero passati alla Consulta.
“E’ stata violata gravemente la nostra libertà di poterci associare liberamente e senza intimidazioni di sorta ed è stato gravemente leso il nostro diritto alla privacy”, hanno dichiarato Catalfamo e Lo Curto.